mercoledì 30 dicembre 2009

Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi

Monastero di Camaldoli, 30 Dicembre 2009

di Ivan Nicoletto


Prima che avvenga,
la creazione è sempre invisibile.
E noi dobbiamo scommettere su quell’invisibile. (
Edgar Morin)



L'uomo deve non tanto costruire la sua vita,
quanto proseguire la sua incompiuta nascita;
deve nascere via via, lungo la propria esistenza... (Maria Zambrano)



Non è ancora stato svelato ciò che saremo (I LETTERA DI GIOVANNI 3,2)


Desidero condividere con voi alcune risonanze a partire dall’immagine di un salmo che ha magnetizzato la mia attenzione: Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi.

Nel primo spunto mi soffermo sullo sguardo, nel secondo sull’informità, nel terzo sulla creatività o sull’estro divino.

primo spunto: sullo sguardo
Per gli avventurosi tra di voi che desiderano esplorare il sito della NASA, sono disponibili delle foto che ritraggono  l’universo appena nato, in un’età di circa trecentomila anni dall’inizio, dall’esplosione del Big Bang… un tempo da neonato, considerati i più di tredici miliardi di anni che conta il nostro cosmo…
Sono immagini che giungono a noi grazie alla scoperta di una radiazione diffusa in modo omogeneo ovunque nello spazio: la radiazione cosmica di fondo. La fuga di questa luce allo stato nascente, nello spazio e nel tempo (residuo luminoso fossile delle epoche successive al Big Bang), giunge fino a noi, offrendoci una panoramica a più colori sulla genesi dell’universo ancora bambino, di cui tutta l’energia è conglobata in uno spazio ultragremito. Da questo grumo informe, dalle intensità diverse, si sono gradualmente formate e differenziate le strutture primordiali che hanno dato vita agli ammassi galattici, alle stelle e, qualche miliardo di anni dopo, al sole del nostro sistema…
Nessuno sguardo umano, eccetto quello mitologico-religioso, si era mai inoltrato nell’inaccessibilità degli inizi, il cui contatto provoca una vertigine d’infinito!
Noi umani, determinati in modo drastico dalla brevità delle nostre vite, e dalla limitatezza dei nostri sensi, grazie agli strumenti tecnologici, che sono estensioni del nostro desiderio e del nostro dialogo emozionato con il mondo, sporgiamo sull’evento abissale da cui è iniziato a dispiegarsi lo spazio e il tempo! Da quel fondo che comincia a rivelarsi, l’abisso guarda a noi, rendendoci spettatori dell’inizio di tutti gli inizi, dell’esordio dell’universo [a. schiavone 2007, 11-13].
I nostri occhi, e gli strumenti che ne hanno modificato le capacità, ci hanno reso consapevoli di quel grembo sorgivo che ci ha generati, del processo di differenziazione e di complessificazione grazie ai quali siamo giunti attraverso tempi, spazi e peripezie inenarrabili, fino a qui e ora, nel trapasso dal 2009 al 2010…
Una volta che abbiamo visto, e ci lasciamo afferrare dalla visione, non possiamo ignorarne il senso, ossia che tutto, in quel grembo ancora informe, era collegato, e continua ad esserlo, come rete connettiva della vita, e che quell’inizio attendeva la nostra consapevolezza, per renderci maggiormente coinvolti nel processo, affidandoci un’inedita responsabilità del mondo, proiettandoci nel futuro con le nostre scelte personali e globali.
Il nostro sguardo, attraverso queste immagini dell’inizio, si affaccia, per così dire, sul grembo del cosmo ancora informe…  Grumo informe mi videro i tuoi occhi, afferma il Salmista, rivolgendosi alla sorgente creatrice, e già nel Libro tuo ero tutto scrittoè il salmo 139, che inizia con le parole: Tu scrutando mi penetri Signore
Il credente immagina che il Soffio e lo Sguardo creatore si spingano là dove ancora non c’è forma, coscienza, luce, come nel ventre materno in cui andavo formandomi, come nel grembo del cosmo, dove tutto era indistinto coagulo, come nel crogiolo del tempo, dove siamo ancora in gestazione...
Il credente immagina… l’immaginazione, come sappiamo, dà voce al linguaggio del desiderio umano, dà forma all’informe, a ciò che ancora non c’è, che posso o vorrei diventare… Nell’oscurità del grembo, nel guscio del presente, in cui sempre mi trovo a vivere e a nascere, in tensione fra ciò che ancora non sono e ciò che manca, che potrei diventare, immagino che l’informe sia abitato da una presenza invisibile che ama e inquieta, accompagna e accudisce, ispira e lotta, continua ad alimentare galassie di senso dentro di noi. Essa continua a trarci dal nulla e dal caos verso un di più ancora sconosciuto, ci dona capacità di intravedere scenari futuri, ci espone alle radiazioni della creatività, della speranza e della libertà, fa sbocciare in forme sensibili e variegate le utopie chiuse nel corpo. [m. foucault 2008]
Oh, fonte cristallina
Se nel tuo argenteo sembiante
Formassi all’improvviso
Quegli occhi desiderati
Che porto disegnati nelle mie viscere
                s. giovanni della croce, Cantico Spirituale,XII

Non potremmo scorgere, in questa relazione fra gli occhi divini e l’informe, un Dio arrischiato nel divenire del mondo e delle creature, in attesa che il nostro sguardo lo riconosca e lo assuma? Non apparirà, spesso, non nelle forme già consolidate, ma nelle emergenze del nuovo che ci sconcerta, che ci educa ad una inedita prospettiva? Saremo, noi umani, un’interfaccia del divino, come se i suoi occhi chiedessero ospitalità, per aprirsi nei nostri occhi, coinvolgendoci in una migrazione che continua a ridisegnare e a trasformare ogni stadio raggiunto, in un oltre inafferrabile? Saremmo un’espansione del sogno divino, del suo estro, del suo divenire?

secondo spunto: l’in-formità
Il poeta Mario Luzi interpreta il nostro tempo come un Mondo in ansia di nascere  / Ma stretta è la porta dell’origine /  a miriadi si accalcano / … E noi dal gorgo / d’un oscuro tempo / lì in quello sciame / fila / ciascuno il filo / luminoso / e doloroso della grande trama, / fabbrica una storia / nella storia… [m. luzi, 2004, 965].
Il poeta avverte che è maturata nel nostro tempo una nuova coscienza, in ansia di nascere. Io, noi, la storia, il cosmo… ci troviamo coinvolti in una travagliata, informe  generazione che spetta anche a  noi di compiere, in questo frangente dell’evoluzione umana…
Non è, però, così semplice e spontaneo assumere e fare esperienza di una gestazione in atto, accogliere il mutamento nella nostra esistenza, lasciare che una forma si sviluppi, fiorisca e muoia, per lasciare il posto ad un’ulteriore gemmazione, in quanto significa congedarci dal già conosciuto e rassicurante, per esporci in modo accogliente allo sconosciuto che destabilizza, di fronte al quale possono insorgere resistenze, opposizioni, conflitti, paure…
Come esempio emblematico di questa trasformazione da una forma all’altra di coscienza, vorrei evidenziare il passaggio, nella nostra storia recente, da una concezione di uomo antropo-centrato, ad una emergenza dell’umano come dialogo coniugativo con le alterità.
La nostra modernità è iniziata con la scoperta che la terra non è immobile centro del mondo, ma una mobile particella, orbitante in un sistema solare di cui è parte. Abbiamo poi scoperto che non solo il nostro pianeta, ma nemmeno la specie umana è un’essenza statica, compiuta, completa, né tantomeno perfetta e separata, ma è un cantiere aperto, un’identità in continua trasformazione, in un perenne non equilibrio creativo.
è andata in pezzi l’idea che esista un prototipo dell’umano, pensato come fulcro, apice, e compimento della creazione, e che esso sia il centro gravitazionale intorno a cui tutto orbita, e al quale tutto dev’essere riferito. Questa comprensione dell’uomo, centro e misura del mondo, non è per nulla innocua e innocente, avendo alimentato un immaginario di dominio e di onnipotenza che ha a sua volta espulso e sostituito l’immagine di un Dio quale fondamento sicuro e stabile dell’essere. L’uomo diventa capace, con il suo sapere, di controllare l’universo, di trasformarlo in un insieme di meccanismi regolati da leggi certe, che ci permettono la predittività e l’utilizzo del mondo.
Questa affermazione del primato dell’umano ci ha illuso di poterci considerare autosufficienti, ci ha indotti a volerci separare da tutte le altre specie,  dalla realtà ambientale, da tutto ciò a cui non è attribuibile l’eccellenza dell’umano, e abbiamo assegnato loro un livello di inferiorità, le abbiamo poste a nostro servizio in modo strumentale, strumenti di uso e di  abuso…
Questo tipo di antropocentrismo si è rivelato nefasto sotto molti aspetti. Ha generato e continua a generare tutta una serie di paure difensive nei riguardi di ciò che attenta ad una presunta purezza di uomo, innesca dinamiche di epurazione, di respingimenti, di xenofobie, di omofobie, di tecnofobie. Esso ha contribuito a  separarci dall’ambiente della terra, verso la quale siamo, invece, debitori, e dalla quale emergiamo, fino a compromettere la stessa organizzazione bioclimatica, provocando una crisi ecologica planetaria. Il dogma di un’espansione illimitata dell’umana potestà impregna le viscere del recente incontro di Copenhagen, che invece di un Hopenhagen si è rivelato un Flopenhagen, senza alcun accordo di solidarietà internazionale nei confronti di una prevedibile ecocatastrofe del pianeta…
Quale arricchimento e novità, invece, il poterci lasciare alle spalle l’idea di conoscenza come dominio e come asservimento! Di lasciarci generare ad una nuova forma di conoscenza come coniugazione al mondo, come dialogo con le alterità umane e non umane! [r. marchesini 2009]
Scoprire che ogni aspetto della realtà, sia esso il cosmo, la vita, le incalcolabili specie, le innumerevoli culture, sono l’esito sempre provvisorio di incessanti trasformazioni, che abitiamo un ordine in continuo e febbrile mutamento, passando attraverso fasi di disordine e destrutturazione, da cui emergono nuove soluzioni, orientamenti, possibilità…
Quale sorpresa scoprire che proveniamo dalle stesse sorgenti biologiche di ogni essere vivente, frutto di un percorso evoluzionistico in cui l’umano è l’esito di una serie sbalorditiva di processi ibridativi con le alterità che sono i nostri partner e co-abitatori: ambiente, animali, strumenti, intelligenze artificiali…
Scoprire che il nostro processo di ominizzazione è stato una costellazione di linee evoluzionistiche, e noi non siamo che una delle prospettive della vita, fra tante altre prospettive che coabitano con noi il pianeta. Scoprire che il farsi umano è un cantiere aperto senza progetto definitivo, apertura verso innumerevoli possibilità, secondo i limiti di accoglienza della nostra casa.
  Possiamo, infatti, immaginare i nostri corpi come una casa, con porte e finestre che favoriscono o ostacolano il commercio con il mondo. Noi siamo divenuti quello che siamo, la nostra identità può avere futuro, grazie agli scambi che lasciamo avvenire in un processo di accoglienza reciproca con le diversità.
Nella concezione antropocentrata di conoscenza come dominio, si immagina l’identità come possesso che si conquista, come assicurazione di sé che poi difende il proprio territorio da tutti gli altri che non siano il duplicato di me stesso: è identità di uguali, mixo-fobica. è un’identità debole, che crede di rafforzarsi separandosi, difendendosi, pretendendo di salvaguardare una chimerica, incontaminata purezza, che è un’illusione.
             Nella concezione della conoscenza come dialogo con le alterità, invece, l’identità non è semplicemente una razionalità possessiva ma è anzitutto un atto di ospitalità, si costruisce assieme agli altri, è bisogno di altri, è desiderio e capacità di venire a contatto, esporsi, dialogare, lasciarsi coinvolgere con-creativamente, nel corpo come nei sentimenti, con le diversità, approntando strumenti che ci rendono capaci di ospitare l’alterità e di farci ospitare dall’alterità… Non diversamente da Gesù, che ha incarnato l’amore di Dio attraverso un’ospitalità delle persone più diverse incontrate nelle sue erranze, per paesi e villaggi. Egli fa precipitare Dio dal cielo regale della trascendenza, della purezza e della separatezza, per farlo accadere in una relazione fra persone differenti, con tutta la contingenza e l’instabilità, ma anche la promessa e la creatività che questo comporta.
La verità umana non è quella dell’assoluto bensì quella della relazione. Ogni identità esiste nella relazione: è solo nel rapporto con l’altro che cresco, cambiando. Ogni storia rinvia ad un’altra, e sfocia in un’altra. Ogni esistenza, ciascuno di noi, è sempre un grembo in formazione, ha un fondo complesso e oscuro, e non deve essere attraversato dai raggi X di una pretesa conoscenza totale. Bisogna vivere con l’altro e amarlo, accettando di non poterlo capire a fondo, e di non poter essere capiti a fondo da lui, di lasciare che soffi il vento dell’inafferrabilità tra di noi. Accettare che a fianco del mio modo di essere e di credere  ci sia un altro modo di essere e di credere, che magari è un’ulteriore rivelazione di uno dei mille volti e dei mille nomi con cui il Dio imprendibile si rivela.
Nella prospettiva della vita come cantiere aperto, in opera, in formazione, la nostra identità non è mai chiusa e fissa nelle determinazioni del passato, in ciò che è già avvenuto e ci ha caratterizzati, ma la riceviamo nell’apertura costante all’altro, è situata nel futuro, in ciò che stiamo diventando insieme. In ambito di fede, la nostra identità è il processo di conversione alla quale Dio continuamente ci chiama, perché non sappiamo propriamente chi siamo noi, non è stato ancora rivelato ciò che saremo, partecipiamo a una gestazione che ci trascende, che la fede  evoca come Regno di Dio, regno di amore che ci precede e ci oltrepassa… Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi…

terzo spunto: la creatività o l’estro divino
Alcune parole del poeta Yves Bonnefoy:
Dio è artista…
Nell’immagine attende la sua liberazione
. . . . . . . .
Ciò che quelli chiamano Dio,
Attende. è ciò che vegeta nell’immagine,
Ancora sepolto. E insomma, e per la prima volta,
Ciò che spera…
                     [Yves Bonnefoy 2007, 197-203]
Dio artista, ciò che attende la sua liberazione, ancora sepolto, ciò che spera…
Dio si sottrae ad ogni nostro piglio, appropriazione, definizione… Egli è evocato come Soffio, Energia, Potenziale, Luce, Immaginazione, Bontà… che di per sé non hanno nessuna forma… tuttavia egli non può darsi, emergere, rivelarsi, eccentrarsi, se non attraverso il travaglio della creazione, il flusso delle parole, l’irruzione dei sogni, l’accadere delle vicende umane, le sapienze dei saggi, le tradizioni religiose, il grido di liberazione dei poveri, l’estasi degli amanti, l’ispirazione dei profeti, le invenzioni tecnologiche, le procreazioni degli artisti…
            Dio può essere immaginato come artista al cuore del mondo, dei mondi, che rende possibile l’apertura di vie non ancora percorse, esplorazioni inedite… In ogni nostro gesto creativo e amante, il Divino fa emergere ciò che ancora non c’è, chiede alle creature di concedersi, di offrirsi, affinché attraverso i nostri corpi l’altro, l’oltre, il differente diventi carne, non diversamente da come Gesù offre la sua carne perché l’amore dell’Abbà venga ad irradiarsi tra di noi…
            Il Divino come creazione sempre in atto, slancio immaginativo, spazio del possibile, delle non ancor deste intenzioni di Dio... Come persone e gruppi, come partiti e chiese, cadiamo spesso nella tentazione di assicurare o di solidificare la vita tramite spiegazioni e abitudini, controlli e ripetizioni, discorsi e definizioni. Tendiamo a determinare la realtà umana e divina in assoluti, fissazioni, ideologie, doveri, in cui imprigioniamo noi stessi e Dio, come evoca il poeta Eugenio Montale:
Per me
l’ago della bilancia
sei sempre tu.
M’hanno chiesto chi sei. Se lo sapessi
lo direi a gran voce. E sarei chiuso
tra quelle sbarre donde non s’esce più.

… Ma la vita, e Dio quale sua perenne scaturigine, si manifestano come demolizioni  del già fatto, pensato, e definito, per lasciare emergere alla superficie dei corpi dell’altro, l’irriducibile, lo sconfinante, l’eccedente, il gratuito...
            Nel corpo di ciascuno può accadere l’Impensato – suggerisce Luisa Muraro - si apre dell’altro, ciò che non conosci e che, presentandosi di colpo, fa cadere i recinti isolanti e i muri separanti che un ordine politico o morale o religioso aveva escluso… e modifica radicalmente la tua esperienza. Altri occhi si aprono in te, come un cuneo che penetra nella roccia del mondo già stabilito, spezzando la continuità del tempo con il suo corteo di occupazioni, organizzazioni, obblighi, imposizioni a cui siamo abituati [l. muraro, 2009, 51-55].
Etty Hillesum parla dell’esperienza di disseppellire Dio, perché non venga spento quel desiderio di bene, che pulsa al cuore dell’umano, sotto il peso del dominio e della violenza… [Diario, 169-170]
Dio come creatore, artista, grembo dell’impensato, forza di risuscitamento nei cuori feriti… Forse, la presente situazione di convergenza del mondo ci invita ad assumere  la creatività come senso di Dio immanente al mondo. Siamo invitati ad accogliere il mondo come il corpo manifesto di Dio, che è la sorgente e la promessa dell’immenso divenire. Invito a condividere una visione creativa del mondo affidata alle nostre mani e alle nostre sapienze, alle nostre culture, con umiltà e tolleranza, con la consapevolezza dell’impensato e dello sconosciuto, non sapendo quale sarà l’esito della storia evolutiva, nel momento in cui i suoi sviluppi dipenderanno dalle nostre scelte.
Possiamo disseppellire e reinventare il sacro non più come separazione ma come partecipazione, condivisione di un’etica globale in uno spazio condiviso, uno spazio spirituale aperto, non minaccioso per la nostra creatività, e possiamo nominarlo Dio [s. kauffman 2008].
Dio come il nostro nome che sta per la creatività incessante e inedita nell’universo, nella biosfera, nelle nostre vite, nell’umanità, come progettualità e come sviluppo, come un’instabile struttura di transizione verso altre misure dell’esistere, che si affida alla nostra contingenza, in una interminabile migrazione attraverso tutte le forme possibili della vita, verso lo svelarsi senza più riserve della pienezza dell’Amore…
Il sacro, come nostra partecipazione con-creativa con Dio, nella trasformazione del mondo…
L’emergenza spirituale, il vino nuovo che siamo chiamati ad accogliere, è il novum che il nostro essere porta al mondo, il dono incarnato nella novità irripetibile di ciascuno, tutto quello che iniziamo e che ci mette in cammino verso qualcosa di sconosciuto, passando per momenti di precarietà e di incertezza, di scelte ambivalenti e limitate, di instabilità, e talvolta di rovesciamento e di distruzione degli otri vecchi, o delle forme ricevute.
Vivere è abitare nella possibilità afferma Emily Dickinson. Per la fede vale la stessa attitudine. è l’abitare nelle possibilità offerte da un Dio che non si lascia rinchiudere nelle nostre codificazioni, il Dio nascente nelle nostre personali accoglienze ed espressività, nell’apertura alle sue ispirazioni, diventando grembi di quel Soffio vivo che non sai di dove viene e dove va.
Il poeta Gerald Hopkins si rivolge a Dio dicendogli: come acqua di fonte / sgorgo dalla tua mano. Io sgorgo da Dio: non sono un prodotto finito, ma sono un flusso continuo e in-formato di creazione. Una persona che vive il mondo come bell’e fatto faticherà a scorgere nel mondo il dito di Dio all’opera, quel Vivente che ci aspetta ad ogni istante nell’opera che stiamo compiendo, sul gesto che stiamo facendo, sulla parola che stiamo pronunciando, sul silenzio in-vocante che lasciamo affiorare, sul de-siderio che siamo...
Il lieto annuncio evangelico inizia con Gesù che rivolgendosi all’altro/a, incontrati per via, non mette in mezzo, come un macigno, il peso di cose già decise o rifiutate, di questioni già formulate, di scelte già giudicate, di regole e principi già stabiliti, ma a tutto guarda per quello che di nuovo, umano, possibilmente felice lì, in quel contesto, può accadere.
Egli sa riconoscere le condizioni pietrificate che ci imprigionano, e ci libera dalla loro tirannia. Egli coglie nel cuore delle persone quell’immagine, quel sogno, quel desiderio di Dio che attende di essere dissepolto, e dona loro l’opportunità di diventare quello che ancora non sono, sovvertendo la macchina della ripetizione e della necessità.
            Gesù è lo sguardo tras-figurante che vede l’invisibile nel visibile: l’emorragia inarrestabile dell’Emorroissa viene arginata dal suo tocco amante e creativo; l’insoddisfazione accumulatrice di Zaccheo si muta in gioia della condivisione; la stessa  morte fallimentare di Gesù, l’attraversamento di una distruzione, è mutata in danza della vita, in effusione del Soffio vivo, che continua a foggiare il mondo, ci introduce nelle insondabili vie del Bene, ci apre al futuro veniente, ai giacimenti di silenzio inesplorato, agli spazi imprevedibili che Dio si apre nel nostro desiderio e passione, attesa e affidamento…

conclusione inconclusa
            Termino queste orbitazioni su Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi ospitando tre parole di altri: Jean-Luc Nancy, filosofo, Michele Luzzatto, scienziato, e Mariangela Gualtieri, poetessa.
            “Il Giusto, l’Amore, il Misericordioso. Ecco, in definitiva, che cos’è il cielo o il celeste nel senso del divino. Questo ci riporta proprio all’immagine del cielo, cioè al fatto che sopra la terra si apre una dimensione che non è nemmeno più una dimensione, ma che è l’apertura, spalancata e senza fondo… La cosa essenziale è l’impossibilità di rinchiudere questa apertura… Che cosa significa essere il più possibile se stessi se non essere fedeli a quest’apertura, a questo oltrepassamento infinito dell’uomo da parte dell’uomo? [j-l. nancy 2006, 39-41]
Dio è qui evocato come l’Aperto, il cielo, lo spazio insopprimibile di possibilità per la giustizia, l’amore e la misericordia, che inducono a ridefinire senza tregua l’orizzonte della terra, aprendola oltre se stessa.
 “Dio potrebbe essere null’altro che la natura, null’altro che tutto ciò che è… Chiunque abbia pensato queste cose, in ogni epoca, non ha avuto vita facile. E forse è stato proprio Dio che lo ha attaccato alle spalle, di notte, e ha fatto a calci e a pugni con lui, e gli ha reciso il nervo sciatico. E tuttavia, lottando, Dio si è compiaciuto, chissà, della tenacia e della combattività della Sua creatura, voluta libera proprio da Lui, libera e quindi capace di lottare anche contro di Lui. Proprio come quando un padre si compiace di vedere il proprio figlio cresciuto più forte e vigoroso, fino a quando arriva il momento in cui non può più imporgli il suo volere, e per la prima volta si rende conto di essere immensamente felice di venire sconfitto dalla propria creatura, perchè in quella sconfitta ha superato se stesso. Amen.” [m. luzzatto 2008,63]
è la preghiera darwiniana che coglie nella lotta incessante dell’interrogazione e della ricerca umana il rapporto di superamento fra una forma o un ordine dato, non considera come eterno nessun assetto biologico o sociale, ma accetta di vederli tutti come figure del mutamento e della transizione, in cui, forse, Dio può essere interpretato
come l’incessante processo di figurazione, disfigurazione e rifigurazione del mondo, in cui possiamo scorgere il divino nell’accrescersi infinito delle facoltà umane, e non nella sacralità della natura come vincolo e come barriera.
Infine la poesia di Mariangela Gualtieri che immagina l’esistenza come attesa e segno di un mistero che deborda le pelli delimitanti dei corpi e dei pensieri, rinvia ad un Atteso che giunge inaspettato
Quel tuo nome che non sappiamo
cantare per intero
tu che spingi le cose fino alla fessura
di questo mondo e le corredi
d’ombra e di mistero.
Niente tu sei. Il più bel
niente in attesa che il respiro
si faccia orma terrestre,
segno, piega, spigolo e lato
e forma. Attesa e segno.
                     mariangela gualtieri





riferimenti bibliografici
yves bonnefoy [2007], Le assi curve, Mondadori, Milano.
michel de certeau [2007], Mai senza l’altro, Quiqajon, Magnano.
michel foucault [2008], Utopie. Eterotopie, Cronopio, Napoli.
michele luzzatto [2008], Preghiera darwiniana, Raffaello Cortina, Milano.
stuart a. kauffman [2008], Reinventing the Sacred, Perseus Books Group, New York.
luciano manicardi [2009], L’estro dell’agire di Dio nella creazione e nella storia, in La rivista del Clero Italiano, 10, 645-660.
roberto marchesini [2009], Il tramonto dell’uomo. La prospettiva post-umanista, Dedalo, Bari.
luisa muraro [2009], Al mercato della felicità, Mondadori, Milano.
jean-luc nancy [2006], In cielo e in terra. Piccola conferenza su Dio, E. Sossella editore, Roma.
nasa, http://map.gsfc.nasa.gov/m_mm.htlm.
ivan nicoletto [2008], Transumananze. Per una spiritualità del/nel mutamento, Città Aperta, Troina.
aldo schiavone [2007], Storia e destino, Einaudi, Torino.
antonio spadaro [2008], Per una spiritualità dell’innovazione, in La Civiltà Cattolica, 564-576. 


martedì 29 dicembre 2009

News da Bluarte

 Un sereno fine anno  e che sia UN MERAVIGLIOSO ANNO 2010

Su Bluarte, Teatro: I casi sono due” con Carlo Giuffrè 

http://www.bluarte.it/Content/1467/i_casi_sono_due.aspx
 

Natale a YPRES
http://www.viacialdini.it/natale-a-ypres

La gioia del presepio
http://www.viacialdini.it/la-gioia-del-presepio

Cordialmente
 La Redazione
www.bluarte.it 

Bluarte  rivista on line Arte Cultura Informazione

lunedì 28 dicembre 2009

Una lettera da S. Miniato


Santa Famiglia 27 dic


Gesù tra i Dottori. Maestro di Liechtenstein (XIV sec.) - Vienna

 


Era la festa di pasqua, la dodicesima per il figlio di Giuseppe e Maria. Come consuetudine la famiglia e i parenti erano saliti a Gerusalemme per i riti. Trascorsi i giorni avevano preso la via del ritorno, la carovana si era rimessa in moto e nella confusione non si accorsero dell'assenza di Gesù.
 Non è il caso di lanciarsi in giudizi morali sull'avvenimento e su quanto tempo ci misero a realizzare il fatto. Ci interessa registrare il segnale che Dio non si è dimenticato di questa coppia di nazaret e oggi, a distanza di dodici anni circa dall'annuncio e dalla nascita, torna a farsi vivo. Infatti come non leggere qualcosa di divino nei fatti che occorrono: un bimbo di dodici anni smarrito e solo nella città santa per tre lunghi giorni, ritrovato nel tempio fra i maestri e i dotti, asserisce di doversi occupare delle cose del padre.
 Penso a Maria, forse in cuor suo aveva provato un pò di perplessità in questi dodici anni, ormai l'annuncio era lontano e di angeli nemmeno l'ombra. Solo quel figlio uguale in tutto e per tutto ad ogni altro bimbo. Ora quelle parole pronunciate nel tempio e la gente che si stupisce della sua intelligenza.
 Davvero Dio è ancora con noi. L'Emmanuele lo chiameranno, questi i pensieri che martellan la mente di Maria. Colpi secchi ritmati come quelli del suo Giuseppe quando pianta i chiodi nel legno. Il suo Giuseppe, dodici anni di silenzio, un figlio non suo, eppure ancora lì al suo fianco. Davvero uomo giusto.

 Scenderanno a Nazaret con il piccolo Gesù a loro sottomesso, il vangelo non registra altre "trovate" del figlio, ma quei tre giorni lasceranno un segno indelebile nella vita di Maria.
 Tre giorni e tre notti nel ventre della terra l'adulto Gesù passerà, poi sua madre lo riavrà una volta per sempre. L'Emmanuele, il Dio con noi, ancora, per sempre, sarà.
 

di Chiarini Alessandro

web: http://www.aledigitale.com
blog: aledigitale.blogspot.com

lunedì 21 dicembre 2009

Calendario "La Recherche"



Gentili amici,
vi segnalo una bella iniziativa: la redazione della rivista letteraria "La Recherche" (
http://www.larecherche.it/) ha pubblicato un bel calendario letterario, nel quale ogni mese è dedicato a un volume di poesia o di narrativa, scelto come "libro consigliato".
Il calendario è stato curato da Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, redattori della rivista, e contiene poesie di Anna de Noailles, Marcel Proust(tradotte da G. Brenna), Roberto Maggiani.

Ecco l'elenco dei volumi consigliati:


Gennaio
Fruscio di assenza di Francesco De Girolamo (Gazebo)

Febbraio
Maria di Aldo Nove (Einaudi)

Marzo
La vicevita di Valerio Magrelli (Laterza)

Aprile
L'Adalgisa di Carlo Emilio Gadda (Garzanti)

Maggio
Zamel di Franco Buffoni (Marcos y Marcos)

Giugno
Il corpo odiato di Nicola Lecca (MOndadori)

Luglio
Cielo indiviso di Roberto Maggiani (Manni)

Agosto
Alluminio di Mario Fresa (LietoColle)

Settembre
Il tempio di Stephen Spender (ES)

Ottobre
Simmetrie di Elio Pecora (Mondadori)

Novembre
Enfants d'Afrique di Serena Stefani (Edizioni Joker)

Dicembre
Al macero dell'invisibile di Dante Maffia (Passigli)



Un caro saluto e Auguri per un felice Natale!


Mario Fresa



Marco Bottoni a Sermide (MN): Mi siete mancati

alcune foto della presentazione, presso La Libreria Solis Radios di Sermide, del nuovo romanzo di Marco Bottoni,  Mi siete mancati.
L'incontro è stato  partecipato e molto divertente (come il libro!).


Scriveteci il vostro Natale

Carissimi amici ed amiche di Flannery,

si avvicina a grandi passi il Natale, evento importante e cardinale al termine di ogni anno sia per credenti che per non credenti, materia di ricordi, di nostalgia, di propositi, di sogni e aspettative... La redazione di Flannery invia di vero cuore a ciascuno di voi un caloroso augurio per le festivita' imminenti e vi invita caldamente a partecipare al nuovo post. Scriveteci il vostro Natale.

In che modo? Come piu' vi aggrada, in versi o in prosa, con riflessioni e testi scritti da voi od anche, se lo preferite, con pensieri e testi altrui che pero' vi stanno particolarmente a cuore perche' esprimono cio' che di piu' profondo alberga nel vostro animo e quindi e' come se foste stati voi ad averlo pensato e scritto per prima. Intanto leggete il nuovo post
http://flanneryblog.wordpress.com/12/18/scrivi-il-tuo-natale con i bellissimi testi inviatici da Alessandra Corsini e Maria Gisella Catuogno, due fedeli amiche di Flannery che molti e molte di voi gia' conoscete...e Auguri!

Grazie per la vostra affettuosa attenzione :-)

Maria Di Lorenzo

Responsabile Editoriale di Flannery - Il forum letterario dedicato alle donne che scrivono

http://www.flannery.it



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POST ANCORA APERTI

Vi ricordiamo che nessuna conversazione aperta su Flannery ha una scadenza ne' tantomento prevede un termine di chiusura, per cui in questa mail vi inviamo i link diretti ai vari argomenti a cui potete - adesso e in qualsiasi momento lo vogliate - partecipare con le vostre idee, considerazioni, interrogazioni, spunti di riflessione.

- "In una lingua che non so piu' dire" di Tea Ranno http://flanneryblog.wordpress.com/12/14/in-una-lingua-che-non-so-piu-dire-di-tea-ranno

- "Quelli che c'erano" di Delia Morea http://flanneryblog.wordpress.com/2009/12/06/quelli-che-cerano-di-delia-morea

- Tre autrici sul podio del premio letterario In Purissimo Azzurro <http://flanneryblog.wordpress.com/2009/12/03/tre-autrici-sul-podio-del-premio-in-purissimo-azzurro>

- "Orfana di mia figlia" di Morena Fanti http://flanneryblog.wordpress.com/2009/11/28/orfana-di-mia-figlia-di-morena-fanti

- Minnie Alzona, la mangiatrice di sogni http://flanneryblog.wordpress.com/2009/11/23/minnie-alzona-la-mangiatrice-di-sogni

- Sigrid Undset, conquistata da una pittoresca rovina http://flanneryblog.wordpress.com/2009/11/04/conquistata-da-una-pittoresca-rovina

- Marina Pizzi - "L'invadenza del relitto" http://flanneryblog.wordpress.com/2009/10/28/marina-pizzi-linvadenza-del-relitto

- Julia Kristeva folgorata sulla via di Teresa d'Avila <http://flanneryblog.wordpress.com/2009/10/14/julia-kristeva-folgorata-sulla-via-di-teresa-davila>

- "Cornetto e cappuccino" di Tea Ranno http://flanneryblog.wordpress.com/2009/10/03/cornetto-e-cappuccino

- Therese, una vita che sa cantare in segreto http://flanneryblog.wordpress.com/2009/10/01/therese-una-vita-che-sa-cantare-in-segreto

- "La strana giornata di Alexandre Dumas" di Rita Charbonnier http://flanneryblog.wordpress.com/2009/09/26/la-strana-giornata-di-alexandre-dumas

- Finito e infinito in Emily Dickinson http://flanneryblog.wordpress.com/2009/09/09/finito-e-infinito-in-emily-dickinson

- "Lenzuoli sulla spiaggia" di Maria Gisella Catuogno http://flanneryblog.wordpress.com/2009/09/20/lenzuoli-sulla-spiaggia

- La scomparsa di Pina Bausch http://flanneryblog.wordpress.com/2009/07/24/un-mese-fa-la-scomparsa-di-pina-bausch

- "In mente Dei" di Alessandra Corsini http://flanneryblog.wordpress.com/2009/07/22/in-mente-dei

- "Centodiciassette" di Laura Badaracchi http://flanneryblog.wordpress.com/2009/07/16/centodiciassette

- Perche' scrivono le donne? http://flanneryblog.wordpress.com/2009/07/01/perche-scrivono-le-donne

- "Tu non dici parole" di Simona Lo Iacono http://flanneryblog.wordpress.com/2009/06/12/tu-non-dici-parole-di-simona-lo-iacono

- "Il cielo e' dei violenti" di Flannery O'Connor http://flanneryblog.wordpress.com/2009/06/01/il-cielo-e-dei-violenti



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Uno spazio per i vostri racconti

Inviate, amiche di Flannery, i vostri racconti, editi o inediti, alla nostra redazione. Flannery pubblichera' i vostri racconti piu' belli. Il testo va inviato in formato rtf all’indirizzo: flannery.staff@yahoo.it specificando se e' inedito oppure edito, in questo caso va specificato anche dove e quando e' stato pubblicato. Aggiungete poi una vostra mini-biografia con i titoli delle opere eventualmente pubblicate ed i vostri interessi, quindi anche una vostra fotografia possibilmente a colori. I racconti piu' interessanti verranno scelti e pubblicati sulla nuova rubrica di Flannery che si chiama Racconti d’autrice. E adesso… fate passaparola!

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Uno spazio per le vostre poesie

Amiche di Flannery, dopo la rubrica Racconti d’autrice, il vostro forum-blog Flannery apre una nuova interessante rubrica dedicata alla poesia. Si intitola Poesie in forma di rosa ed e' riservata solo a voi, care amiche di penna. Inviate alla redazione i vostri versi, sia editi che inediti. Con una mini-biografia contenente le vostre opere eventualmente pubblicate ed una fotografia a colori. Specificate nella mail se il testo inviato e' edito oppure inedito, nel primo caso allegate anche il titolo dell’opera, l’editore e l’anno della sua pubblicazione. E-mail: flannery.staff@yahoo.it

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Il primo giugno 2009 e’ partito sul web un nuovo lit-blog chiamato Flannery, un forum letterario dedicato alle donne che scrivono. Si tratta di un blog collettivo aperto a tutti, sia uomini che donne, che lo costruiscono insieme giorno per giorno con idee, spunti, riflessioni. Flannery e' un’idea della scrittrice Maria Di Lorenzo, che ne cura la pubblicazione, ed e' una grande novità nel mondo della letteratura e del web, un autentico spazio di liberta' dedicato all’altra meta' del cielo, che siamo noi, donne in punta di penna. E’ presente sul web all’indirizzo: http://www.flannery.it.

Il forum letterario prende il suo nome dalla grande Flannery O’Connor, scrittrice cattolica americana vissuta il secolo scorso, oggi autrice "di culto". La O’Connor e' infatti una stella nel firmamento della letteratura mondiale. Era nata a Savannah, in Georgia, nel 1925. Morì a Milledgeville nel 1964 a soli trentanove anni a causa di una malattia ereditaria, rara quanto inesorabile, chiamata lupus eritematosus. In Italia sono stati pubblicati i suoi racconti ("Tutti i racconti", Bompiani), una splendida raccolta di lettere ("Sola a presidiare la fortezza", Einaudi) e i due romanzi "Il cielo e’ dei violenti" (Einaudi) e "La saggezza del sangue" (Garzanti). Questa grande scrittrice del profondo Sud degli Stati Uniti di cui conosciamo solo due romanzi e un pugno di racconti, morendo ella in giovane eta’ per una gravissima malattia immunitaria, ha lasciato pero' un segno, e la sua opera, il suo mondo, affascinano ancora oggi che sono trascorsi oltre quarant’anni dalla sua morte. Ancora oggi infatti Flannery O’Connor scuote le coscienze dei lettori con il suo cristianesimo tragico e paradossale, avverso a quella cultura che ha eliminato il mistero per addomesticare la disperazione.

Il forum letterario che porta il suo nome e' un blog collettivo aperto a tutti, che parla di donne, ma si rivolge a uomini e donne. E’ nato per noi, che siamo l’altra metà del cielo, per fare il punto sull’immaginario femminile, sui nostri sogni, emozioni, desideri, e condividerli con chi ci vuole bene e si pone sulla nostra stessa lunghezza d’onda. E’ possibile in ogni momento mettersi in contatto con lo staff per collaborare, suggerire, proporre temi e rubriche, indirizzando la propria mail a flannery.staff@yahoo.it. Da qualche tempo Flannery e' anche presente su Facebook, con una pagina di amici e fans che cresce di giorno in giorno, dove ci si ritrova tutti insieme come una grande affiatata comunita': http://it-it.facebook.com/pages/Flannery/173231385493

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giovedì 17 dicembre 2009

Il topino Gervaso


Pisanello: San Giorgio e la Principessa di Trebisonda


di Morena Fanti

Nel mondo magico dei pensieri fatati le principesse hanno lunghe code di cavallo e spesso hanno anche il cavallo.
La principessa di cui ci occuperemo noi si chiamava Fiordaliso, perché non dimenticava di regalare a tutti un sorriso, e il cavallo supponente e altero che l’accompagna a spasso per il mondo si chiamava Piergianni. Un giorno la principessa decise di andare a spasso per la mitica città magica di Fandonìa, in sella a Piergianni, per conoscere meglio il suo regno e i suoi abitanti. Inoltre il prefetto Testadirapa aveva chiesto il privilegio di un colloquio privato con la principessa e li stava cercando per tutto il paese.
I due andavano liberi come il vento; Piergianni a volte si faceva prendere la mano, pardon le briglie, e galoppava così veloce che la povera principessa non riusciva a vedere il paesaggio e gli abitanti di Fandonìa. Poi all’improvviso il cavallo rallentava e allora Fiordaliso si fermava a parlare con tutti, sorridendo a Destra e a Manca, due signore che andavano a fare la spesa. I due andarono avanti così per un po’, visitando il paese in lungo e in largo, ma il paese era più largo che lungo e alla fine avanzò loro del tempo per fermarsi a fare due chiacchiere e quattro passi e forse sei… no, lasciamo stare, detta così sembra una tabellina.
Allora, la principessa era a passeggio per le vie di Fandonìa, quando incontrò il topino Gervaso, che anziché in un vaso, abitava sotto un'enorme foglia di platano, caduta a terra e finita contro un tronco, in modo da formare una tettoia, in cui lui aveva sistemato tutta la sua famiglia: la moglie Gasparina, che non era affatto mingherlina, e i 27 figli che avevano, tutti topini piccoli e gentili.
In quel momento Gervaso era molto agitato e correva intorno alla grande foglia di platano, che fungeva da casa per la sua famiglia. Fiordaliso si chinò per osservare meglio il buffo topo in gilet a quadri e pantaloni di fustagno e lo fermò con un dito e un sorriso:
"Cosa succede? Perché sei tanto agitato?"
"Oh, signorina! E' il cielo che la manda! Ho bisogno di aiuto."
"Signorina? Signorina? Questa è la principessa Fiordaliso, un po' di rispetto!" intervenne Piergianni che, per essere un cavallo badava molto all'etichetta.
"Signorina o principeffa, non mi intereffa. Sempre bisogno d'aiuto, ho!" disse Gervaso che: uno, quando s'agitava aveva difficoltà a pronunciare la doppia esse, e due, era probabilmente di origini sicule, vista la tendenza a sistemare il verbo alla fine della frase.
"Non badare a Piergianni, dimmi che ti succede." disse la principeffa, pardon principessa, che era invece molto pratica e non badava affatto all'etichetta, anche perché portava tutti i suoi capi in lavanderia e non si interessava del bucato.
"Ecco, principessa," disse Gervaso che si stava calmando "due dei miei figli sono caduti dentro quel secchio che c'è lì, vicino a quel melograno, vede, quel secchio verde. Qualcuno aveva buttato un torsolo di pera in fondo al secchio e loro, che sono molto ghiotti di frutta e noi non la mangiamo spesso, sa con l'euro ha raggiunto dei prezzi... ma dei prezzi... non sembra anche a lei? Beh, comunque, dicevo, i bambini si sono calati nel secchio per mangiare il torsolo di pera, senza pensare che dopo non sarebbero più riusciti ad uscire. Infatti ora stanno piangendo disperati e io non so come fare. Mi aiuti lei, principessa. A lui non chiedo niente." concluse Gervaso con un'occhiata malevola verso Piergianni, che sbuffò scuotendo la lunga coda.
"Sì, signorina, la prego! Ci aiuti!" intervenne anche Gasparina agitando un grosso mattarello di legno.
"Ma che fa? Minaccia la principessa?"
"Basta, Piergianni! Non vedi che la signora sta facendo la pasta? Quello è un mattarello per tirare la sfoglia. Sta facendo le tagliatelle, per caso? Ne vado pazza." concluse Fiordaliso rivolta a Gasparina che, dopo la parola signora, non aveva più sentito niente e ora se ne stava immobile, reggendo il mattarello come fosse un ombrellino di pizzo.
"Mia moglie è un'ottima cuoca, sa? E sta proprio facendo le tagliatelle. Se ci vuole onorare della sua presenza, saremmo lieti di averla a pranzo con noi, principessa. Dopo che avremo tirato fuori i bambini dal secchio."
"Certo. Andiamo a vedere cosa si può fare. Tu stai lì, che hai già fatto abbastanza danni." Fiordaliso zittì Piergianni, che voleva obbiettare anche all'idea che la principessa Fiordaliso si mescolasse a misere questioni di topini e torsoli di pera.
Gervaso andò di corsa verso il secchio, urlando ai suoi figli di stare tranquilli che avevano trovato aiuto e presto sarebbero usciti da lì: "Gilberto! Giuseppina! Non piangete. Ora la principeffa vi aiuterà ad uscire... vero, principeffa?"
"Sì, Gervaso, stia tranquillo, ora ci penso io." Fiordaliso si chinò a guardare nel secchio, dove quattro occhioni enormi la scrutarono fiduciosi, poi allungò il braccio per prendere i due topini e si accorse con disappunto che il secchio era troppo profondo e lei non arrivava a toccarne il fondo: "Oh! Perbacco, Gervaso! Il secchio è troppo fondo, non arrivo a prendere i bambini... come possiamo fare? ... ah! ho un'idea... calerò la mia coda in fondo al secchio e Gilberto e Giuseppina potranno salirci e uscire."
" Stupenda idea, principeffa! ... ah! ... non è possibile! Giuseppina soffre di vertigini: non salirà mai sulla coda, perché ha troppa paura... e Gilberto non lascerà mai sola la sua sorellina... oh! come faremo?... come faremo?..." e Gervaso iniziò a camminare furiosamente intorno al secchio, torcendosi le mani e fregandosi i lunghi baffi.
"Che succede, ora? Non dovevate prenderli fuori subito? ... Forse vi serve l'aiuto di un cavallo furbo?" Piergianni avanzava scuotendo nell'aria la lunga coda nera e battendo gli zoccoli come se partecipasse ad una parata.
Fiordaliso si girò a guardarlo ed ebbe un lampo negli occhi principeschi, poi disse a Piergianni:
"Ho un'idea: calerò la coda e tu scenderai camminandoci come su una strada e farai salire i bambini e li porterai fuori dal secchio."
"Bambini? ... che bambini?..." disse Piergianni lanciando un'occhiata a Gervaso, che si era fermato e lo guardava con fiducia.
"I miei bambini, no? Su, Piergianni, non faccia sempre il saputello. Per lei saranno due topolini, ma per me sono e saranno sempre i miei bambini."
"Su, Piergianni! Conto su di te." Fiordaliso fece uno dei suoi irresistibili sorrisi e Piergianni iniziò a capitolare.
"... anche se dicessi di sì, come farei a salire sulla tua coda? Sono più grande del secchio, non posso entrarci."
"Beh... siamo o non siamo in Fandonìa, la mitica città magica? Almeno così ha scritto chi ha iniziato la storia... ora vedremo se è vero."
Fiordaliso fece un gesto sulla testa di Piergianni, come per spruzzare qualche polvere magica, disse una frase in una lingua che nessuno di loro conosceva, e Piergianni diventò piccolo come un cavallino giocattolo. Poi lo fece salire sulla coda e lo calò in fondo al secchio, dove lui pregò Gilberto e Giuseppina di salirgli in groppa.
"Su, ragazzi! Sbrigatevi ad uscire, così terminiamo questa storia, anche perché ci stanno facendo delle pressioni, e poi ce ne andremo tutti a mangiare quelle tagliatelle che ci hanno promesso."
"A lei non ho promeffo niente!" si sentì da fuori, mentre Fiordaliso cercava di placare il povero Gervaso che era fuori di sé dalla preoccupazione: "Su, signor Gervaso! Vedrà che Piergianni porterà fuori i bambini. E' bravo, sa? Fa tanto il burbero, ma è un pezzo di pane... su, Piergianni, sbrigati, mi fa male la testa e mi stai tirando i capelli!"
Finalmente Piergianni, che era davvero un pezzo di pane, tanto ormai ne abbiamo già dette di tutti i colori, era riuscito a convincere i topolini a salirgli in groppa, Giuseppina davanti e Gilberto dietro, che la teneva stretta, e iniziarono così la salita, mentre da fuori tutta la famiglia li incitava.
Mentre salivano Fiordaliso tirò la coda e in un attimo furono tutti fuori e si abbracciarono fra lacrime e risate. Gervaso impazzito di gioia, abbracciava Piergianni che cercava di sottrarsi alla sua riconoscenza:
"Non è niente, su! Ne ho già fatte tante di queste imprese. Per me sono cose banali... su, non si agiti. Piuttosto, principessa, cosa ne direbbe di farmi ritornare della mia misura solita? Così possiamo concludere tutta questa pazza storia e andarcene per la nostra strada... eh, che ne dice, principessa?"
"Piergianni, sei stato bravissimo! Un vero fenomeno. E così sei anche molto carino. Perché non rimani così? "
In quel momento Gasparina urlò:
"In tavola! Sbrigatevi, che le tagliatelle sono pronte! Su, bambini, a lavarvi le mani!"
Tutti si accorsero improvvisamente di essere molto affamati e corsero verso la bella tavolata.
Gasparina fece segno a Piergianni di accomodarsi a capotavola: "Prego, signor Piergianni. Lei e la principessa siete nostri ospiti. Non vi ringrazieremo mai abbastanza."
Il cavallo si sedette con molto sussiego e ringraziò con un cenno del capo, scuotendo la bella coda.
Fiordaliso fece per accomodarsi all'altro capotavola, ma non poteva sedersi su quelle piccole seggiole e, comunque, il piatto di tagliatelle non era a misura di principessa. Si guardò intorno perplessa, guardò Piergianni, poi... un pizzico di polvere magica e parole incomprensibili, e anche Fiordaliso si poté sedere di fianco a Gervaso.
Finalmente tutti iniziarono a mangiare e vi assicuro che non c'era tavolata più allegra di quella. E anche più buffa: un cavallo e una principessa a tavola con 29 topini, non si era mai visto.
Si sarebbe meravigliato anche il prefetto Testadirapa, che passava di lì in quel momento, con la testa così leggera da sembrargli vuota.
Dico si sarebbe meravigliato, se li avesse visti, ma non li poteva vedere perché erano tutti sotto una foglia di platano, per quanto enorme, e così Testadirapa passò di lì e non li vide.
A quanto mi risulta, so che li sta ancora cercando e credo che Piergianni e la principessa Fiordaliso siano rimasti ad abitare insieme alla famiglia di Gervaso perché, in fin dei conti, a chi non piacerebbe abitare in una favola?

Il mio regalo per te

di Antonietta Gnerre


(Vincent Van Gogh, Pini contro un Cielo Rosso al Tramonto)




Ogni tanto i sogni ritornano. Arrivano numerosi e reggono insolite emozioni. Una certa capacità di destino, come gli uccelli quando si affollano, umilmente sulla piccolissima fetta di dolce abbandonata da qualcuno che pesa i propri pasti. Sulle località di un destino esistono molti percorsi, stradine che sviano i sentimenti veri. Ogni istante ha l’aria di una località ben diversa dalla precedente, come un segreto da rispedire indietro in direzione di un telos nuovo. Oltre la nebbia che chiude ogni sguardo, come un muro. Il desiderio è sempre affiancato da quella solitudine di fuggire dal suono della terra e dal respiro tagliato dell’erba, quando si cerca una voce dai polmoni di un pensiero. E malauguratamente inizia un nuovo giorno quando comincia la fine. L’ultima strada fra i pini fin dove s’affacciano, tutti i secondi di una persona, che si volta indietro nell’ombra inumidita delle chiome degli alberi. Un filo sottilissimo di aria che replica un respiro, un sapore conosciuto, sospeso, stratificato, ferito, con cui sciogliere un solo gesto, richiesto da un solo istante. Un giorno si presentò dal passato, lì davanti – al mio albero di Natale – il mio sogno. Aveva la mente sofferente di problemi, gli occhi essiccati. Quel sogno aveva viaggiato a lungo per le terre distratte di questo pianeta, per le stradine addobbate di luci e di colori. Mentre la pioggia presente e dolce e mai assente rievocò tutte le emozioni più volenterose. Cadde anche quella sera, sulle macchine, come una madre sempre attenta. La pioggia leggera, innocua, serena ed avvolgente. Era caduta tante volte sulla mia anima. Di quella sera ricorderò per sempre il peso della mia scelta. Oggi per caso, io tiro fuori integralmente dallo spazio di un solo ricordo il mio dono: la poesia. Come una superficie che riflette i desideri sulla carta di un solo colore. Come una musica che ti resta impressa nell’anima, nel cervello nella parte più nascosta delle ossa, nell’olfatto, fra il cristallo di un programma non previsto. Ritornano le ore, i pensieri forti, il corpo. Ed è così che ci ritroviamo, perché quello che recuperiamo tra la polvere delle nostre emozioni è molto di più di un semplice regalo. Quello che troverete anche voi, sotto il vostro albero di Natale è un meraviglioso dono: la parte migliore di voi. Un sogno che dura per tutta la vita. Auguri.

Natale a San Miniato al Monte


Yannis Behrakis, Bethlemme 2008


 




Carissime amiche e amici della Lectio divina e di San Miniato al Monte,

il Natale del Signore si avvicina e vorremmo che il nostro monastero sia per Voi sosta propizia lungo i sentieri che Vi porteranno a Betlemme per la Santa Notte!
Vi proponiamo pertanto un momento di raccoglimento e di riflessione sul Natale martedì 22 dicembre alle ore 18.40, oltre naturalmente ad invitarvi alle liturgie natalizie che culmineranno, alle ore 22.30 del 24 Dicembre,  con la Veglia e la Santa Messa di Mezzanotte.
Giovedì prossimo, il 17 dicembre, alle ore 18.40 Stefano ci commenterà i versetti che narrano l’ingresso di Gesù in Gerusalemme.
Quest’ultimo è decisamente un evento della vita del nostro Salvatore assai lontano dal suo Natale, ma una tale inusuale concomitanza fra lectio e liturgia ci donerà uno sguardo d’insieme, quanto mai utile, sul mistero del Verbo fatto carne per noi.
Vi allego la ricchissima e stimolante sintesi che Alba ha preparato in base alle riflessioni ascoltate durante l’ultima lectio. Esse contengono anche qualche riflessione sulle recenti cronache ecclesiali della nostra città.
Vi allego inoltre un mio breve articolo apparso qualche anno fa su una rivista monastica benedettina relativo all’Avvento. Vi potrete ritrovare alcuni passaggi delle riflessioni fatte sabato 5 dicembre nel nostro incontro dedicato a questo tempo liturgico, letto come “scuola del desiderio”.
In molti già ci hanno domandato se anche quest’anno il 26 dicembre il monastero sarà eccezionalmente aperto ai visitatori: con gioia Vi confermo già che sabato 26 dicembre come ormai tradizione mostrerò a tutti i graditi presenti il nostro monastero. Alle ore 10, 11.30 e 15.30 Vi guiderò attraverso il grande chiostro rinascimentale, gli affreschi di Paolo Uccello, le sale panoramiche su Firenze e l’antico frantoio cercando di motivarVi il senso dell’architettura monastica e il significato stesso della nostra vita.
Augurando a tutti Voi un fruttuoso scorcio di Avvento nella speranzosa consapevolezza che il Signore è davvero vicino, di cuore, con Stefano, e con Paolo e Alba, preziosi collaboratori, Vi abbraccio con grande affetto,

Bernardo
lectio.divina@libero.it

Un pensiero per il 2010

di Giuseppe Callegari


mercoledì 16 dicembre 2009

Riflettori puntati su Eugenio Corti

Una serie di eventi verificatisi negli ultimi giorni sta mettendo sotto la luce dei riflettori l’immagine e l’opera dello scrittore Eugenio Corti.

In primo luogo, la Provincia di Milano ha accolto la candidatura di Eugenio Corti per l’assegnazione del prestigioso riconoscimento “Premio Isimbardi”, destinato a cittadini e associazioni per iniziative benemerite svolte a favore della comunità milanese. La premiazione di Eugenio Corti, proposta dal consigliere provinciale Nicolò Mardegan, avverrà venerdì 18 dicembre 2009 alle ore 11.00 nella Sala Barozzi, presso l’Istituto dei Ciechi, in via Vivaio 7 a Milano, alla presenza di S. E. l’Arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi e del presidente della Provincia di Milano Guido Podestà.

Inoltre, durante il Convegno dal titolo «Eroismo, storia e letteratura. Eugenio Corti: un grande scrittore lombardo. Dalla Campagna di Russia ai giorni nostri» svoltosi il 10 dicembre a Milano presso la Sala conferenze del Palazzo Reale, tra i vari attestati di stima rivolti a Corti, sono state avanzate due proposte per testimoniare la riconoscenza del mondo della cultura allo scrittore brianteo, al fine di conferirgli il meritato prestigio. La prima è venuta dalla professoressa Rossana Mondoni, docente di Storia e Filosofia e vicedirettore della rivista Testimoni della Storia, la quale ha auspicato per Eugenio Corti l’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura. La seconda proposta, presentata dal dottor Michele Mardegan, consigliere comunale di Milano e presidente della Commissione Consiliare Cultura, vorrebbe Eugenio Corti candidato alla carica di Senatore a vita, in virtù della qualità delle sue opere letterarie, modello per l’educazione delle generazioni future.

Infine, giunge dall’estero una notizia che conferma il successo di Corti in Francia: il 28 novembre 2009, Etienne de Montety, direttore del prestigioso Figaro littéraire, supplemento del Figaro magazine, indica Il cavallo rosso come il migliore romanzo apparso in Europa negli ultimi 25 anni.



L’Associazione Culturale Internazionale «Eugenio Corti» saluta con gioia la notizia dell’assegnazione del Premio Isimbardi ed approva con viva soddisfazione tutte le proposte che abbiano come obiettivo la valorizzazione della figura e dell’opera di Eugenio Corti. In particolare, l’Associazione accoglie con entusiasmo l’idea della professoressa Mondoni, idea per la quale la stessa Associazione si è spesa in quest’ultimo anno, contattando allo scopo politici, giornalisti e uomini di cultura, proponendo la costituzione del Comitato per l’assegnazione del Premio Nobel a Eugenio Corti.

Milano, 14 dicembre 2009


Associazione Culturale Internazionale «Eugenio Corti»

Via Litta Modignani, 5 – 20161 – MILANO – Tel.: 02.64.69.867 – 333.39.79.950 – Fax: 02.66.22.56.01

E-mail: info@aciec.org – Sito Web: www.aciec.org

Il potere della fantasia (una favola)

di Nicoletta Verzicco

Nella stanza di Giulia troneggia un pacco, un enorme pacco rosso.
È talmente grande che le sue cose, i suoi peluche, i suoi giocattoli, il suo letto, la sua scrivania sembrano ammassati ai lati della stanza, spinti e addossati alle pareti come se il pacco si fosse fatto largo all’interno della camera.
Non si sa come possa essere entrato nella stanza perché esso è più grande della porta, che sia una magia?
Mah!
La carta con la quale il pacco è stato confezionato non permette di capire se sia una scatola di cartone o qualcosa d’altro, l’unica cosa certa è che di quel pacco non c’è alcuna certezza.
Giulia? Giulia dov’è oggi?
Giulia è da un’amica e tornerà fra poco.
Eccola!
Sento la chiave che gira nella serratura.
La porta si apre,
Giulia accende la luce nel corridoio, si toglie il cappotto e lo appoggia all’appendiabiti.
Va in cucina, prende un bicchiere, apre il frigorifero, afferra la bottiglia dell’acqua, riempie il bicchiere, ripone la bottiglia, chiude il frigorifero e si dirige verso la sua camera…
… accende la luce…
… la sua bocca si apre senza emettere un suono, i suoi occhi si spalancano e rimane lì, immobile ed esterrefatta a pochi centimetri da quel pacco che ha preso possesso della sua stanza.
“Cos’è?” dice con un filo di voce.
Giulia guarda la sua camera, guardare effettivamente è difficile, tutto si è come… come rimpicciolito, si vede solo quell’enorme, maestoso, imponente pacco rosso.
Dopo i primi attimi di smarrimento Giulia torna in cucina per appoggiare il bicchiere.
“Sicuramente ho sognato ad occhi aperti, tornerò di là e sarà tutto come sempre”.
Si passa una mano sul viso e si dirige nuovamente verso il suo rifugio, la sua stanza.
“Santo cielo!”
Il pacco è lì, altro che sogno!
Giulia si avvicina ad esso e cerca di osservare attentamente la carta rossa brillante che tinge tutta la stanza.
Le pareti appaiono rosa, un rosa macchiato dalla luce rossa che si riflette dalla carta con cui è confezionato il pacco, tutto ha assunto quel colore quasi come se il luogo in cui troneggia facesse parte di esso.
Giulia non riesce a vedere la parte superiore del pacco, lei è più piccola.
“Tornerà papà” pensa “e mi aiuterà ad aprirlo”.
Forse è papà che lo ha portato qui. Ma certo! Papà ha voluto farmi una sorpresa. E che sorpresa!”
Giulia si siede sul tappeto e aspetta.
Guarda il pacco con curiosità e la curiosità ha ormai preso il posto dello stupore.
“Che cosa ci sarà dentro? È talmente grande! Forse ci sono tante cose o forse un enooooooorme peluche!
Magari ci sono i colori, il cavalletto da pittore e le tele che chiedo da qualche tempo.
Ma sono oggetti piccoli!
Forse ci sono il cavalletto, i colori, le tele, il peluche e… anche la bicicletta che mi serve e forse anche dei vestiti.
Ideeeaaa!
E se ci fossero i mobili nuovi per la mia camera? Certamente ci starebbero lì dentro.
Mi sa che ho scoperto cosa contiene questo enorme pacco!
Sì, però sarebbero smontati, anche il letto… smontato.
E se nel pacco ci fosse un animale? No!
Si muoverebbe, sentirei qualche rumore e invece niente.
Tante caramelle e cioccolata? No!”
Sorride Giulia.
“Sarebbero talmente tanti che potrei aprire un negozio e venderli.
E se nel pacco ci fosse anche qualcosa per papà e mamma?
Potrebbe essere, è tanto grande.”
Giulia è ormai ammaliata da quella carta lucida nella quale vede riflessa la sua immagine.
È talmente immersa nel fantasticare sul contenuto del pacco che si è dimenticata delle sue dimensioni.
Ha ormai scordato gli interrogativi del “come” “quando” e “chi”.
Giulia si alza e, faticosamente, prova a girare attorno al pacco.
Lo tocca.
Si avvicina ad esso e appoggia un orecchio per ascoltare eventuali suoni all’interno.
Resta appoggiata alla carta rossa, in attesa, senza quasi respirare.
Silenzio assoluto.
Prova a spostarlo.
Troppo pesante, troppo grande, troppo alto… troppo!
Giulia prende dal letto il suo amico orso, lo abbraccia e con esso si siede nuovamente sul tappeto, vicina al pacco.
“Potrebbero esserci tanti pacchi e in ogni pacco qualcosa di interessante.
Non è una cattiva idea! O magari c’è un pacco e dentro il pacco un pacco più piccolo, poi un altro più piccolo e così via… divertente... ed ogni pacco ha un colore diverso...bello!”
Giulia ha gli occhi che brillano, riesce quasi a vedere ciò che immagina, vede i colori delle cose, la forma di esse, lei stessa è, con l’immaginazione, dentro il pacco.
Attorno a lei le cose hanno perso di importanza perché anche il più piccolo oggetto conosciuto è diventato qualcosa di misterioso, impacchettato da una carta rossa.
“Credo che qui dentro potrebbe esserci una casetta tutta per me, ci starebbe e papà potrebbe aiutarmi a sistemarla qui, nella mia la stanza.
Potrei metterci la scrivania.
Anzi….no!
Meglio ancora potrebbe diventare il mio vero rifugio, ci metterei tutte le mie cose più preziose... e tutti dovrebbero bussare alla porta della casetta prima di entrare… bellissimo!
Non mi farei trovare… mai! Solo quando vorrei io! Sì, sì.
Ci deve essere per forza una casetta, la mia!
Però… non sarebbe male se ci fossero un po’ di libri lì dentro, sarebbero così tanti che per moltissimo tempo non dovrei chiedere a papà e mamma di comprarmene.
E se ci fossero, invece, tante cose per la mamma?
Sarei contenta, potrei vedere la sua gioia ed io ne sarei tanto felice.
Il pacco è nella mia stanza, ma io non voglio essere egoista.
Mi piacerebbero troppe cose…ma quando arriva papà?”
Giulia si alza, esce dalla sua stanza con il suo orso accoccolato in braccio.
Torna indietro di scatto quasi per paura che il pacco svanisca.
Il pacco è ancora lì Giulia, non preoccuparti.
Giulia va in salotto e guarda l’orologio.
“Fra poco arriva papà e mi aiuterà ad aprire il pacco.”
Poco dopo suona il campanello.
“È lui!”
“Papà? Sei tu? Vieni su, fai presto!”
Si apre la porta e Giulia come un fiume in piena racconta al papà ciò che c’è in camera sua.
“Giulia, per favore, non esagerare con la fantasia!”
“Papà, è tutto vero! Vieni con me, ti prego!”
Il papà fa un sospiro e con la mano nella mano di Giulia si lascia, letteralmente, tirare verso la camera.
“SANTO CIELO! MA È VERO! GIULIA! CHI E’ STATO????”
Il papà di Giulia è un po’ arrabbiato.
“Adesso Giulia mi devi dire chi hai fatto entrare in casa? Ti ho insegnato e raccomandato centinaia di volte che non devi assolutamente aprire la porta di casa a chicchessia! E poi… come ha fatto ad entrare questo pacco qui dentro? È più grande della porta!”
Giulia sorride.
“Papà, io non ho fatto entrare proprio nessuno. Lo sai che sto attenta e sono ubbidiente. Quando sono tornata a casa il pacco era già qui!”
“Dai Giulia, non vorrai farmi credere che questa… 'cosa' sia entrata dalla finestra??”
“Papà, ti giuro che io non so da dove venga, non so chi l’abbia portato, non so cosa sia, non so…!”
Il papà di Giulia è stupito, allibito, non sa cosa pensare.
Osserva quella… che lui definisce… 'cosa' poi guarda Giulia che ricambia lo sguardo con occhi sprizzanti curiosità e saltando e battendo le mani:
“Dai papà! Dai dai! Ti prego, apriamolo!”
“Giulia, in realtà, non so se possiamo farlo. Guardiamo se c’è un biglietto.”
Anche lui si è dimenticato ormai gli interrogativi “come”, “quando”, “chi”.
Il papà di Giulia sale in piedi sul letto e a malapena riesce a vedere sopra il pacco… niente!
Nessun biglietto.
“Prendo le forbici Giulia, aspetta.”
Tornato con le forbici inizia a tagliare la carta rossa brillante del pacco e, aiutato da Giulia, la strappa per poter vedere se ci sia una scatola con un coperchio.
Mano a mano che la carta è strappata, tutto nella stanza torna al suo colore naturale e più nessuna macchia di rosso brillante si riflette sugli oggetti, sui giochi, sui peluche.
Tutto riprende il suo colore naturale, tutto ritorna normale.
Sotto la carta effettivamente c’è una scatola bianca con tanti punti di domanda… ? ? ? ? ? ? ?? ? ? ? ??? ? ?? ??una infinità di punti di domanda!
La curiosità cresce in Giulia e nel suo papà.
“Come facciamo ad aprirla? Proviamo a togliere il coperchio?”
“Sì papà.”
Il papà sale nuovamente sul letto e con difficoltà apre la scatola.
Il papà osserva nella scatola, all’interno è buio, pian piano la luce vi filtra e… “È vuota! No! C’è un biglietto sul fondo!”
“Prendilo papà, per favore!”
“Come faccio? Dovrei entrare nella scatola per prenderlo... però… ho un’idea! Vieni qui Giulia! Adesso Giulia ti sollevo, ti faccio entrare nella scatola, prendi il biglietto e poi ti faccio uscire.”
“Sì papà, splendida idea!”
Il papà solleva Giulia, e la pone letteralmente dentro il buio, ormai non più tale, di quella 'cosa' tanto misteriosa.
“L’ho preso!”
“Bene tesoro. Ti faccio uscire.”
Con il biglietto stretto nelle sue mani Giulia si sente tanto piccola lì dentro.
Le sembra di essere in un altro mondo, ma allo stesso tempo, si sente protetta.
In quella scatola è tutto ovattato; lo sono i rumori, le luci ed anche i pensieri, Giulia non vorrebbe più uscire.
“Ma… il biglietto… cosa ci sarà scritto nel biglietto?”
Guardando in alto vede il viso del suo papà che la osserva protettivo e, allo stesso tempo, desideroso di sapere.
Il papà la solleva di nuovo e Giulia è fuori.
“Dai tesoro! Non sto nella pelle!”
Giulia sorride e pensa…“Anche i 'grandi' sono curiosi, anche i 'grandi' a volte sono come i 'bambini'.”
“Dai papà, vieni, sediamoci!”
Quel biglietto è un foglio, in realtà, chiuso con minuziosità.
È un foglio bianco, i caratteri sono bellissimi ed il loro colore è rosso.
“Su papà, leggi, dai!”
Il papà legge: “Questa scatola è 'il' dono.
Questa scatola contiene la fantasia.
Questa scatola accoglie tutti i tuoi pensieri e li sprigiona.
Non sempre l’aspettativa è soddisfatta.
La sorpresa è più bella del desiderio.
Ciò che si spera a volte è vano.
Il vuoto può essere riempito e il vuoto non è mai tale nella realtà… non lo è mai!
I tuoi pensieri, ciò che hai sperato qui dentro ci fosse non si è materializzato, ma mai come oggi hai potuto sognare, fantasticare, sperare.
Sì, questa scatola è il dono.
Potrai riempirla di te, lo hai già fatto immaginando.
Questa scatola contiene la magia del sogno e della fantasia che non devono mai morire.
Questa scatola contiene tutto ciò che vorresti.
Questa scatola sarà tua per sempre e ti aiuterà a ricordare che vivrai veramente la tua vita se continuerai a sognare.”

PFFFFFFFFF!
Per magia la scatola si rimpicciolisce, la carta rossa brillante si ricompone e riappare come un oggetto meraviglioso… la scatola dei desideri!
Suonano alla porta.
“Papà, è la mamma!”
Giulia è stranamente felice, non importa che nel pacco non ci fosse ciò che lei aveva immaginato.
La magia esiste, la magia è dentro di noi.
“Maaaammmmmaaaa! Non crederai mai che cosa è accaduto oggi!
Adesso ti racconto…”