giovedì 21 gennaio 2010

Gaetano Failla ne «La Voce dell'Isola» del 21-1-2010

Giornale Siciliano di Politica, Cultura, Economia, Spettacolo - Diretto da Salvo Barbagallo, recensione di Salvo Zappulla


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mercoledì 20 gennaio 2010

Omelia del giorno 24 Gennaio 2010 (di Antonio Riboldi- Vescovo)

III Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Lo Spirito del Signore è sopra di me


Viene da chiederci seriamente, oggi, alla luce del Vangelo e della lettera di Paolo ai Corinzi, quale sia la parte che noi abbiamo nell'esprimere la serenità e la fiducia, frutti della presenza dello Spirito Santo in noi. Oggi, i cristiani di buona volontà se lo pongono questo problema.

Siamo in tanti a parlarne, ma a volte è 'suono di parole vuote', quando addirittura non fanno male. Tante volte si ha l'impressione di 'battere l'aria', senza lasciare una traccia di verità, di serenità, di `buona novella', insomma.

E questo tra di noi, in famiglia, nella società. Eppure Gesù, e quindi la sua Chiesa, in virtù del Battesimo e della Confermazione, hanno, non solo la missione, ma soprattutto la grazia dell'ispirazione, data dalla presenza dello Spirito Santo, che rende 'viva ed efficace' la parola, accompagnata dalla testimonianza, tanto da poter affermare: 'Ciò che dico è vero, perché è frutto dello Spirito che è in me'.

Essere cristiani non è solo un modo di dire, ma un modo di vivere la fede, che si esprime nel come pensiamo, come parliamo, come ci comportiamo, insomma nel come 'viviamo Cristo'.

Occorre, credo, prendiamo coscienza che non possiamo più essere cristiani di 'facciata', ma dobbiamo diventare cristiani 'vivi', che, dove sono, operano 'ispirati', ossia mossi dallo Spirito Santo. difficile? Si, ma necessario se vogliamo 'realizzare' noi stessi ed aiutare gli altri, crescendo insieme nella fede e nella santità.

Non è più tempo - e sono certo che voi, che siete `di buona volontà', siate d'accordo - di 'segni senza significato', ma di presenze che tornino ad essere 'sale della terra e luce del mondo'.

Abbiamo oggi due letture che dovrebbero aiutarci a crescere nella fede.

L'evangelista Luca ci pone innanzi GESÙ che, a 30 anni, dopo una lunga preparazione nel silenzio di Nazarerh, si presenta ufficialmente nella sua città, nella sinagoga, iniziando a farsi 'PAROLA NUOVA E VERA', come solo Dio può e sa essere.

“Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi. Si recò a Nazareth, dove era stato allevato ed entrò, secondo il suo solito, di sabato, nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia. Apertolo, trovò il passo dove era scritto: Lo Spirito del Signore è sopra di me: per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato ad annunciare ai poveri il lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia del Signore: Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi su di lui. Allora egli cominciò a dire: Oggi si è adempiuta la Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi” (Lc. 4, 14-21).

Possiamo facilmente immaginare lo stupore di quell'assemblea nel sentire che la profezia di Isaia si `incarnava' in quel giovane, Gesù, che loro da sempre conoscevano come 'il figlio del falegname'. E ancor più stupefacente - in quell'epoca, simile alla nostra, dove i deboli erano emarginati, privi di ogni diritto, come non avessero posto nel cuore dei fratelli, - era l'affermazione, senza mezzi termini, che un'epoca nuova era iniziata, in cui era iniziata la liberazione dei più emarginati.

È lo stesso problema e necessità che si pone anche oggi.

Basta avere uno sguardo illuminato dallo Spirito, per vedere come il mondo sia diviso in chi si realizza e conta e in chi è messo al bando senza pietà.

Una divisione che non è solo bestemmia alla giustizia umana e divina, ma è sempre sorgente di guerre aperte e sotterranee.

La Chiesa - noi, che ci diciamo Chiesa - dobbiamo sentire rivolto a noi, quell’OGGI si è adempiuta la salvezza.

Per grazia di Dio, tanti, in tanti modi, questo `oggi' lo stanno già attuando nelle innumerevoli forme della carità, animata dallo Spirito Santo.

Paolo, scrivendo ai Corinzi, ci viene incontro, dando una risposta alla nostra domanda: Come possiamo noi cristiani realizzare quell'OGGI di Gesù?

“Fratelli, come il corpo, pur essendo uno, ha molte membra, e tutte le membra pur essendo molte sono un solo corpo, così anche Cristo. E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi, e tutti ci siamo abbeverati in un solo Spirito. Ora il corpo non risulta dí un membro, ma di molte membra. Se il piede dicesse: 'Poiché io non sono mano non appartengo al corpo, non per questo non farebbe più parte del corpo. E se l'orecchio dicesse: 'Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo' non per questo non farebbe più parte del corpo. Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? E se tutto fosse udito, dove sarebbe l'odorato? Ora invece Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto. E se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? E invece molte sono le membra, ma uno solo il corpo. Non può dire alla mano: 'non ho bisogno di te'; né la testa ai piedi: 'non ho bisogno di voi. Anzi le membra del corpo che sembrano più deboli, sono più necessarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli, le circondiamo di maggior rispetto; e quelle indecorose, sono trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti, non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a chi ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une le altre Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui. ORA VOI SIETE CORPO DI CRISTO E SUE MEMBRA, CIASCUNA PER LA SUA PARTE.

Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di fare guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue. Aspirate ai carismi più grandi” (Ef 12, 12-31).

Con una chiarezza davvero incredibile, Paolo, scrivendo alle prime comunità cristiane, e in questo caso a quella di Efeso, dove forse si dibatteva sul ruolo o su quello che era 'il posto' nella Chiesa e la parte da svolgere, descrive i carismi di ciascuno.

E ce ne sono tanti, che si adattano alle varie necessità di una Chiesa che vuole essere tutta missionaria, non lasciando alcuno con le mani in mano!

Non si tratta qui solo dei ruoli o carismi, che siamo soliti vedere incarnati nelle varie vocazioni o al sacerdozio, o all'episcopato o alla vita consacrata, nelle diverse Congregazioni religiose, ognuna delle quali ha il suo proprio carisma, o al laicato, come operatori pastorali nelle parrocchie, ma dei carismi `semplici', legati alle realtà dove siamo e per ciò che facciamo.

Per esempio: l'Istituto cui appartengo, fondato dal beato Rosmini, ha come carisma la carità a tutto tondo, dalla carità temporale, che riguarda la cura del corpo, e quindi verso i poveri e gli ammalati, a quella intellettuale, a quella spirituale. Sarà l'obbedienza poi a discernere e dire quale carità ciascuno debba in modo più specifico esercitare. E così per le Congregazioni tutte... ognuna con il suo carisma... come a rendere presente ed efficiente la figura del 'corpo', attraverso le 'membra'.

Ma quello che è davvero stupendo, o dovrebbe esserlo, è come tutti convergono, seppur in modo diverso, al bene dell'intera umanità e della Chiesa.

Nel piano di carità e di salvezza, che Dio ha disposto per tutti, ha fatto ín modo che ciascuno, senza eccezioni, sia costruttore.

Dai genitori agli educatori, ad ogni fedele. C'è davvero posto e necessità che tutti, ma proprio tutti, ciascuno con il suo carisma, mettiamo mano all'edificazione del Regno di Dio e, quindi, ad un mondo più giusto, più bello.

Non è ammesso il disimpegno, perché sarebbe come fare mancare il nostro necessario apporto, creando un 'vuoto' nell'edificazione del Regno e nella comunità.

E, ringraziando Dio, nella Chiesa, oggi, si stanno rendendo conto in tanti dell'urgenza di mettere a frutto i carismi che Dio ha donato. Ci sono una miriade di gruppi e di associazioni, che sono oggi il miglior commento alla lettera di Paolo.

Ma anche se non si appartiene a qualche gruppo, c'è davvero tanto posto per sviluppare i propri carismi, silenziosamente, ma con efficacia, là dove il Signore ci ha posti a vivere.

L'importante è non nascondere i nostri carismi 'sotto terra', per pigrizia o per paura, come dice Gesù nella parabola dei talenti da far fruttare.

Scriveva Paolo VI: “A tanti cristiani, forse a noi stessi, è rivolto l'interrogativo che sa di rimprovero, rivolto dall'apostolo Paolo agli Efesini, perché la nostra vita spirituale non è un soliloquio, una chiusura dell'anima in se stessa, ma un dialogo, un'ineffabile conversione, una presenza di Dio, da non ricercare più nel cielo, né fuori, né solo nelle nostre chiese, ma in se stesso: quanta gioia e quanta speranza saremo capaci così di donare a tutti, ognuno a suo modo e dove è”.

Abbandoniamo i nostri desideri nel cuore dello Spirito con le parole di Madre Teresa di Calcutta: Signore, vuoi le mie mani per passare questa giornata aiutando i poveri e i malati che ne hanno bisogno?

Signore, oggi ti dono le mie mani.

Signore, vuoi i miei piedi per passare questa giornata

visitando coloro che hanno bisogno di un amico?

Signore, oggi ecco i miei piedi.

Signore, vuoi la mia voce per passare questa giornata

parlando con quelli che hanno bisogno di parole di amore?

Signore, oggi ti do la mia voce.

Signore, vuoi il mio cuore per passare questa giornata

amando ogni uomo, solo perché è un uomo?

Signore, oggi ti do il mio cuore.



Antonio Riboldi – Vescovo –
Internet: www.vescovoriboldi.it
email: riboldi@tin.it

Avrò i tuoi occhi a Mori 22 gen

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lunedì 18 gennaio 2010

Premio “Il saggio” 28-2-10

IV Edizione Concorso Internazionale di Libri editi ed inediti “Il Saggio”
Il Concorso si articolerà in sei sezioni:
Sezione A - Poesie edito;
Sezione B – Narrativa edito;
Sezione C – Saggistica edito;
Sezione D – Poesia inedito;
Sezione E – Narrativa inedito:
Sezione F – Saggistica inedita.
Quota di partecipazione - Per ogni sezione richiede un contributo di
partecipazione di 10,00 Euro. Ogni concorrente può partecipare a più sezioni
Tale contributo servirà a coprire parzialmente le spese organizzative. La
quota di partecipazione dovrà essere versata sul CCP n. 49812035, intestato
a Giuseppe Barra (tel. 3281276922) via Don Paolo Vocca, 13 - 84025 Eboli
(SA), indicando nella causale IV Concorso Internazionale di libri “Il
Saggio”.
Testi – I libri editi devono essere completi di tutte le pagine con
copertina. Quelli inediti devono essere di pagine numerate ma senza limiti.
Anche un racconto di qualche pagina può essere considerato un inedito e può
essere anche privo di copertina.
Copie - I concorrenti debbono inviare 2 copie per ogni libro con una scheda
il nome e cognome, indirizzo, recapito telefonico ed eventuale indirizzo
e-mail.
Scadenza del bando – I libri dovranno pervenire unitamente alla copia della
ricevuta di versamento, non oltre il 28 febbraio 2010 (timbro postale) a:
Centro Culturale Studi Storici - via Guglielmo Vacca, 8 - 84025 Eboli (SA).
Premi - La Giuria, il cui giudizio è insindacabile ed inappellabile,
premierà le recensioni dei migliori testi classificati. I testi inediti
potranno essere pubblicati su “Il Saggio”, rivista di cultura, organo del
Centro. Ogni poeta deve ritirare personalmente il premio attribuitogli e,
solo per gravi motivi gli è consentito delegare per iscritto qualcuno che
intervenga in sua vece. La cerimonia di premiazione avrà luogo in Eboli nel
maggio 2010. La partecipazione al concorso implica l’accettazione
incondizionata del presente regolamento.
Annotazione - E’ vietata la partecipazione al Concorso a tutti quelli che
fanno parte della Redazione de “Il Saggio” e del Direttivo del Centro
Culturale, nonché ai collaboratori editoriali.
Il Presidente
Giuseppe Barra

Gianmaria Giannetti in mostra a Milano


venerdì 15 gennaio 2010

Su La signora Irma e le nuvole di Subhaga Gaetano Failla


Scritto da Dario Falconi in Malicuvata
Martedì 05 Gennaio 2010

Autore: Subhaga Gaetano Failla
Titolo: La Signora Irma e le nuvole
Edizioni: Fara Editore, Rimini 2007
Pagine: 177


La lettura della raccolta di racconti La Signora Irma e le nuvole (Fara Editore, 2007) di  Subhaga Gaetano Failla ha sortito un insolito effetto sulla mia persona. Una paradossale sensazione di straniamento e sospensione, un afflato di leggerezza surreale, un temprante anelito d’evasione hanno contraddistinto il mio percorso attraverso il libro, conducendomi in limbi onirici distanti dalla contingenza narrativa, violentando la mia volontà raziocinante d’apprendista critico. Credo di non far torto all’autore se ritengo la sua scrittura (sinuosa, colta, musicale) una scrittura che distrae. Un’asserzione del genere non adeguatamente argomentata può sembrare una provocazione o, piuttosto, per i più maliziosi, un’esecrabile offesa. Non è né l’una né l’altra cosa, nel modo più assoluto. Failla declina le sue storie con grazia stilistica e sottigliezza di contenuti muovendosi intorno ad una quotidianità stravolta che s’eleva a scenario sublimante d’una realtà accogliente, poetica emancipazione dalla sconfortante e paludosa evidenza visibile. Lo scrittore deflagra la sua tacita indignazione in una raffigurazione sognante della condizione umana esaltando l’opportunità salvifica d’un universo cognitivo fantastico e visionario. Il lettore viene fagocitato da uno strano sortilegio che è conseguenza di queste intenzioni e si lascia irretire dal flusso calmo, mai caotico, delle parole che disegnano orizzonti d’abbacinante chiarore, offrendo rifugi di sollievo e abbandono. Oasi di riparo dal deserto. “La signora Irma e le nuvole” è lettura che implica un doppio viaggio: uno nell’avvicendarsi vorticoso ed accattivante delle vicende narrate, alcune delle quali memorabili come “Storia vera” e “La pensione”; l’altro in uno spazio altro, intimo, che rimanda a considerazioni personali e a luoghi che, per disattenzione o superficialità, si era disimparato a frequentare.
Ecco, la degna conclusione alla mia vacillante dissertazione. Failla è uno scrittore che distrae dalla distrazione. Invita all’attenzione di frontiere nuove. Che sapremmo e vorremmo sempre percorrere se solo ci accorgessimo della loro esistenza. La signora Irma e le nuvole ci offre mappa e passaporto.
Il resto sta a noi.

I LIBRI PER L’ISOLA DESERTA – HUMAN LANDSCAPES





A TOLENTINO, ALL’ISTITUTO “F. FILELFO”, PRIMO APPUNTAMENTO CON IL LABORATORIO DI LETTURA “I LIBRI PER L’ISOLA DESERTA – HUMAN LANDSCAPES”.
Marco Di Pasquale introduce il metodo di questo quarto ciclo dell’iniziativa.

Venerdì 29 Gennaio 2010 alle ore 8.15, nelle aule dell’Istituto di Istruzione Superiore “Francesco Filelfo” di Tolentino si terrà il primo appuntamento del laboratorio di lettura critica “I libri per l’isola deserta” dal titolo “Human Landscapes – Paesaggi Umani”, promosso dall’Associazione culturale “Licenze poetiche” con il contributo ed il patrocinio dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Tolentino, per il tramite della Biblioteca Comunale Filelfica.
L’iniziativa giunge quest’anno al suo quarto ciclo, inquadrandosi a pieno titolo tra le attività culturali di spicco del Comune e ravvivando il cartellone invernale e primaverile della Biblioteca, proponendo uno stimolante lavoro di analisi e discussione sui libri selezionati dai lettori stessi e che saranno oggetto di volta in volta degli incontri a cadenza mensile che si susseguiranno da qui a Maggio.
Il tema scelto questa volta dall’ideatore e coordinatore del progetto, Marco Di Pasquale, è “Human Landscapes – Paesaggi Umani”. Quando pensiamo alle vicende che animano l’esistenza umana, spesso tendiamo a non tenere in considerazione uno tra i fattori maggiormente determinanti della direzione che le storie intraprendono: il paesaggio. Non intendiamo il panorama come semplice disegno di linee orografiche, né come suddivisione più o meno ragionata dello spazio in aree selvagge o coltivate. Quello che interessa è la dinamica che s’innesca tra uomo e paesaggio, le reciproche modificazioni e soprattutto il risultato di questo processo sulla società e sugli individui. Attraverso alcune opere di autori molto attenti alla contaminazione tra essere umano e contesto in cui vive (o che egli stesso crea, modifica, degrada o migliora) cercheremo di capire se è possibile e, se sì, come poter comprendere i meccanismi per una convivenza con le regole di Gaia, cioè della Terra che vive nonostante noi uomini, e magari riscoprire quella sensazione di equilibrio naturale che rende migliore la convivenza umana.
Venerdì mattina gli alunni dell’Istituto parteciperanno ad una prima lezione incentrata sulla presentazione del lavoro di gruppo e dei libri da selezionare per i successivi quattro appuntamenti. Ogni volta il libro sarà oggetto di analisi ma soprattutto spunto per un dibattito collettivo e costruttivo sugli argomenti su cui è fondato il corso.

“Human Landscapes – Paesaggi Umani” – Laboratorio di lettura critica – Introduzione al metodo – venerdì 29 Gennaio 2010
Sede: Istituto di Istruzione Superiore, Tolentino, ore 8.15
Ingresso gratuito
Info points: Ufficio Cultura Comune di Tolentino 0733.901326 - Biblioteca Filelfica 0733.968670
Licenze Poetiche 349.5753241 – www.marcodipasquale.wordpress.com – mdp76@email.it – www.licenzepoetiche.itlicenzepoetiche@email.it

Ufficio Stampa: Luca Romagnoli tel. 335.475004


sabato 9 gennaio 2010

Battesimo del Signore (Anno C)

Omelia del giorno 10 Gennaio 201

IL BATTESIMO, rinascere a vita nuova

Credo di non dire nulla di nuovo, che non si sappia, affermando che con il Battesimo noi 'nasciamo una seconda volta'. La prima quando mamma ci ha partoriti; la seconda quando siamo stati rigenerati nel Battesimo, ammessi alla vita divina. Ed è cambiato tutto.

Ricordiamo brevemente la nostra storia. Quando Dio, alla fine della creazione dell'universo, volle che nello stupendo creato, ma senza cuore né voce, ci fosse chi Gli dicesse `ti amo', pensò alla creazione dell'uomo e della donna.

Erano creature cui nulla mancava, 'simili' a Dio e quindi amati e capaci di amare, che è il dono offerto solo a chi può con la volontà e la libertà rispondere `ti amo'.

Ma c'era di mezzo proprio la libertà, esigenza dell'amore sempre, anche oggi.

L'amore non è un fatto automatico, è un dono che si può accogliere o rifiutare.

E sappiamo tutti come i nostri progenitori, tentati da satana, che proponeva un'uguaglianza come Dio, ma contro Dio, rifiutarono l'amore del Padre, per affermare il proprio io.

E così, cacciati dalla nostra casa, che Dio ci aveva preparato, l'Eden, divennero orfani.

Il rifiuto del Padre, non solo ci fa conoscere l'amaro della solitudine, ma ci mette in balia di noi stessi e di satana, il che non può produrre che disordine e male, così devastanti come la tragica storia dell'umanità rivela.

Cosa sarebbe mai stata la nostra vita eterna senza la speranza di un ritorno alla Casa del Padre? Sarebbe stata una storia di 'orfani di Cielo', se... l'amore pietoso del Padre non fosse stato 'vinto' dalla nostalgia per i figli, al punto da mandare il Figlio Prediletto, Gesù, fatto uomo che sulla croce ci ha riaperto le porte del Cielo, ridonandoci una nuova vita.

Per la Croce di Cristo ci è stata ridonata la possibilità di essere ancora figli del Padre.

Quanto è stato fedele e totale il Suo Amore! Quanto è costato il sacrificio per riparare i nostri errori! Ma ora tutti possiamo, se vogliamo, 'tornare a Casa'.

Il momento in cui questa possibilità si fa certezza è quando si riceve il Battesimo: il grande evento della nuova vita, che apre le porte, se vogliamo, al Paradiso, ad una vita da santi.

Ma occorre ridare al Battesimo quella solennità e consapevolezza, che poi si proietta nella vita. Non più 'uomini senza Cielo', ma 'uomini del Cielo, figli di Dio': è la vita da cristiani.

Il santo Battesimo non può quindi essere un fatto di consuetudine, un motivo 'per far festa', ma senza seguito. Dovrebbe essere l'inizio di una vita nuova.

Ricordo il racconto di mamma sul mio Battesimo. Per lei e papà era grande certamente il dono che Dio aveva fatto nel concedere loro i figli. Ma sapevano bene che un figlio è 'come incompleto', se non diviene quello che per loro era 'la bellezza di una vita in Cristo'.

Nato il 16 gennaio, nonostante il freddo, vollero fossi battezzato il giorno dopo. E, senza alcuna cornice di esteriorità, nonostante il tempo inclemente, papà con il padrino mi portò al fonte battesimale. Era la festa di S. Antonio abate e mi dettero il suo nome.

Per i miei diventare figlio di Dio era la 'vera nascita', che dava 'senso alla mia vita' e quel giorno divenne sempre il riferimento del come impostare poi la mia vita 'da battezzato'.

Tutta l'educazione era impostata sul Battesimo, sul 'diventare un vero cristiano'.

Il Battesimo era l'inizio vero della mia vita, come fu per Gesù per l'inizio della sua missione.

Non che Lui avesse bisogno del Battesimo di penitenza, ma voleva essere uomo in tutto e, quindi, andò da Giovanni il Battista per essere battezzato.

Racconta l'evangelista Luca:

"In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: lo vi battezzo con acqua, ma viene uno che è più forte di me, al quale io non sono degno di sciogliere neppure il laccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: 'Tu sei il mio Figlio prediletto, in Te mi sono compiaciuto'." (Lc 3,15-22).

E’ come a 'completare' la presentazione su Gesù, espressa dalla voce del Padre, così profetizzava Isaia: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto nel quale mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà, né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza; non verrà meno e non si abbatterà finché non si sarà stabilito il diritto sulla terra; e per la sua dottrina saranno in attesa le isole. Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia, e ti ho preso per mano; ti ho formato e stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre" (Is. 42, 1-7). Un vero inno a Gesù, che nel Battesimo dà inizio alla sua missione, avuta dal Padre, per salvarci.

E   noi, nel giorno del Battesimo, come presi per mano dai nostri genitori, abbiamo iniziato il nostro cammino di fede. Ma è ancora così?

Vorrei ricordare quanto il sacerdote chiede ai genitori e padrini, prima del Battesimo:

- Cosa chiedete alla Chiesa di Dio per questo bambino o bambina? – Il Battesimo e la fede.

- Siete disposti ad educarli secondo la nostra fede? cioè ad accompagnarli nel cammino della fede dal momento del Battesimo fino alla loro consapevole e libera scelta... ed oltre? Ad essere quindi maestri e testimoni?

E durante la cerimonia ancora chiede, se ricordate:

- Rinunciate a satana e alle sue opere? E, incalzando,

- Credete in Dio Padre, in Gesù..... e snocciola i principi della nostra fede, come un rosario da ricordare sempre, per concludere ...

- Questa è la nostra fede.

È il grande impegno che ogni papà, mamma, padrino o madrina del battezzato si assumono per accompagnarlo nella sua crescita spirituale.

Come spiegare, allora, le tante. volte in cui i sacerdoti o i catechisti, preparando alla Prima Comunione o alla Cresima, si trovano davanti bambini o adolescenti che nulla sanno della fede, come se nel tempo della crescita, invece di educazione, ci sia stato solo un pericoloso 'vuoto', molto difficile poi da colmare? Che responsabilità!

E come far capire ai genitori e ai padrini che nel momento del Battesimo si rendono responsabili della crescita cristiana del loro figlio?

È il grande problema che ci si pone: rendere consapevoli che il Battesimo non è una festa esterna che finisce lì, ma è l'inizio di un cammino serio e sereno di una creatura, che da semplice 'essere umano' diventa figlio di Dio, e la strada della sua completa realizzazione, come persona, sarà nel crescere giorno dopo giorno in santità.

"Il Battesimo - afferma Paolo VI - comporta un preciso e deciso impegno dottrinale. Essere battezzati, cioè essere cristiani, esige la fede, sia soggettiva, risposta personale piena e gioia all'amore divino, sia oggettiva adesione alla Parola di Dio.... La vita cristiana, inaugurata col Battesimo, che ci eleva a un livello esistenziale nuovo, quello di figli adottivi di Dio, ci vuole 'santi e immacolati'. Sembra un'esigenza eccessiva, un'utopia morale, eppure è così. E se realmente noi vorremo proporci un programma di rinnovamento di vita cristiana, non potremo prescindere da questa imperativa esigenza. Bisogna davvero che essa sia vissuta in una grande riconoscenza a Dio per la santità già a noi conferita come suoi figli adottivi in una tensione indefessa di perfezione. Ce lo aveva detto il Signore: 'Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli".

Alla luce di tanta grazia, che è il Battesimo che abbiamo ricevuto, viene da chiedersi come effettivamente lo viviamo giorno per giorno: come figli adottivi del Padre? O come dimentichi di chi siamo?e qual è lo stile della nostra vita quotidiana?

Accettiamo l'esortazione del caro nostro amico in cielo, don Tonino Bello:

"Fratelli, mettiamoci davvero alla scuola di Gesù Cristo.

Tutto il resto è inutile. Tutto il resto è retorica. Tutto il resto è commedia.

È sceneggiatura se noi veramente non prendiamo questa decisione radicale di seguire Gesù Cristo, pastore che dà conforto alle nostre anime e dà senso ed orientamento alla nostra storia.

Cambia la faccia delle cose, lo schema delle cose.

Fermo nell'amore resta soltanto il Signore.

E noi questo cammino lo vogliamo fare insieme con Gesù Cristo". Innalziamo la nostra preghiera:

Signore Gesù, ti ringraziamo perché sei venuto in mezzo a noi,

perché sei vicino a ogni uomo,

perché il tuo amore non viene mai meno.

Nel Battesimo ci hai rigenerati,

siamo diventati tuoi fratelli, membri della stessa famiglia.

Alimenta la nostra speranza,

perché diventiamo costruttori di un mondo nuovo,

e viviamo nell'attesa che si compia la pienezza del tuo Regno.


Antonio Riboldi – Vescovo –
Internet: www.vescovoriboldi.it
email: riboldi@tin.it

giovedì 7 gennaio 2010

IL PRIMO GIORNO

di Subhaga Gaetano Failla

Scendevamo, al termine della stretta strada di sassi, sulla grande scogliera. Quel giorno d’inverno (un inverno mite che ci faceva uscire in maniche di camicia), il mare era mosso e rumoreggiava nella ghiaia della spiaggia e sugli scogli scuri e verdastri. L’acqua era bluverde e diveniva a tratti bianca di spuma, e alla base delle onde, dove il mare sembrava fermarsi, si tingeva d’un colore cupo simile all’inchiostro.

“Questo è il mare giusto” urlò Xiliao, per superare il frastuono d’un’onda infranta.

I suoi occhiali erano velati di salsedine. Io guardavo in avanti, dentro quel rimestare carico di forze unite e nervose frantumate in armonia. Cercavo di distinguere qualcosa oltre le creste biancheggianti e sfilacciate dei cavalloni. Strizzavo gli occhi e i miei capelli lunghi svolazzanti s’inzuppavano di pulviscolo salato.

“Laggiù!” Amida indicò uno spazio d’acqua. Gridava e saltava, puntando l’indice della sua mano affusolata.

Ci avvicinammo d’un passo ancora, rischiando d’essere afferrati da un’onda. I miei piedi nudi sentirono la mano della risacca che cercava di portarmi con sé.

E infine apparvero, come un drappello di guerrieri dispersi. Un’onda alta li aveva nascosti e poi sputati verso di noi, verso la riva. Adesso a tratti, nel tempestare dei flutti, si manifestavano ben distinguibili, semisommersi e stanchi. Galleggiavano affiancati e sembravano darsi forza tra di loro, proprio come dei naufraghi ai quali la vista della costa abbia donato un’ultima spinta d’energia.

Ameth si avvicinò rapido verso di me sollevando con i piedi e le gambe schizzi d’acqua.

“Li hai visti?” mi chiese ad alta voce in un orecchio.

“Sì sì” urlai, e senza accorgercene ci toccammo le braccia e le spalle, mentre un residuo d’un’onda ci bagnò completamente.

Avevamo sbagliato a non denudarci prima. Lo facemmo in fretta adesso; Amida e Zephir, abbandonati già i vestiti sulla spiaggia, si tuffarono insieme, infilandosi con un guizzo dentro il cavallone che veniva loro incontro. Sparirono per due o tre secondi, poi riapparvero in superficie scuotendo i capelli bagnati.

“Venite! Venite!” dicevano forte, immersi nel mare agitato, oscillando le braccia nella nostra direzione.

In un attimo ci ritrovammo, anch’io e Amida, in quelle acque torbide. Vidi uno squarcio di cobalto nel vasto velo d’ardesia del cielo.

Prima che rovinassero contro le rocce, eravamo riusciti a portare a riva, sul tratto di spiaggia che si apriva nella scogliera, otto televisori e sette schermi di computer.

Il vento asciugò rapidamente i nostri corpi. Amida cercò i suoi panni sopra i ciottoli chiari. Diedi uno sguardo furtivo alla sua schiena snella mentre ella si rivestiva.

Percorremmo di nuovo tre volte il sentiero tra la spiaggia e la casa trasportando i pesanti oggetti raccolti. Mi fermai una volta, per incidere con un piccolo coltello dal manico d’osso un’agave che svettava ai margini del viottolo. Ne tagliai un tassello carnoso. Succhiai il liquido verdino. L’aria che prima era rimasta schiacciata sotto nuvole plumbee e basse, ora diveniva cristallina, attraversata dalla luce.

Hanna e Izidra profumavano di chapati caldo e finocchi lessati, di broccoli in umido e formaggio fresco, di quel che costituiva cioè il pranzo che avevano preparato, e disposto con cura su un tavolo di legno marrone.

In un bicchiere al centro del tavolo c’era un fiore scarlatto di ibiscus, e dentro un piatto ovale sfolgoravano grandi frutti di fichidindia, viola, gialli, rossi e arancione, gli ultimi della stagione. Izidra poggiò le mani sulla lunga gonna colorata e nascose un sorriso.

All’esterno della casa, con gli altri della spiaggia, costruimmo una nuova torre, piuttosto alta, innalzando in equilibrio i televisori e i video dei computer ancora sgocciolanti di mare.

L’oscurità giunse presto. Alle cinque, soltanto una esile linea rossastra illuminava l’orizzonte marino. Contemplavo quell’estremo bagliore, seduto a terra all’esterno della casa.

Poi rientrai per allestire il mio semplice palcoscenico. Una mezz’ora di spettacolo, non di più, da rappresentare dopo la cena. Stesi il lenzuolo bianco in verticale, tirando forte le corde e legandole a dei ganci conficcati nei due opposti muri della stanza. Accesi quattro grossi ceri per verificarne la luce proiettata sul lenzuolo. Poi scelsi, tra le tante che avevo creato, alcune figurine di personaggi e di ambienti, che manovravo attraverso le sottilissime bacchette di bambù a cui erano collegate. Provai la giusta distanza tra il lume dei ceri e lo schermo del lenzuolo, per rendere nitide le ombre delle figurine. Infine disposi sul pavimento della stanza una dozzina di cuscini: sarebbero bastati per il piccolo pubblico, composto dagli abitanti della nostra casa e da quelli d’una casa distante un paio di chilometri, i quali erano stati invitati anche per la cena.

Qualcuno a tavola mi chiese il titolo dello spettacolo. Risposi che non potevo svelarlo in anticipo, perché io ero un professionista serio. Scherzavo e ridevo, mentre sorseggiavo un bicchiere di vino rosso e mangiavo qualche altra oliva nera al forno.

I sussurri del pubblico tacquero. Suonai il mio flauto traverso di canna. Lasciai sfumare una nota lunghissima, e pronunciai, scandendo bene a voce alta, il titolo dello spettacolo:



IL PRIMO GIORNO

La storia narrava d’un uomo il quale, dopo una notte di pioggia incessante, si sveglia in un mondo deserto. L’uomo cammina per giorni e giorni e non incontra nessuno. Le strade, le case, le città, le campagne e gli altri luoghi che egli attraversa sono intatti e vuoti.

Riuscivo a manovrare con una sola mano le figurine dei luoghi e quella del personaggio in cammino, mentre con l’altra suonavo il flauto. Nelle scene più complesse usavo entrambe le mani e contemporaneamente davo voce ai pensieri del personaggio.

Egli poi incontra una ragazza che aveva vissuto le sue stesse vicende, al risveglio da una notte di incessante pioggia. E infine il racconto diventa una storia d’amore malinconica e felice. Jules e Lailah, i due protagonisti, durante una sera di maggio si uniscono in amore per la prima volta. Poi scambiano tra di loro poche parole.

JULES         Dove siamo stati… amore…

LAILAH       Il cielo azzurro… infinito…

JULES        Svanisce il tempo… e noi ci siamo dissolti…

LAILAH      Il primo giorno… l’unico…

JULES        Il primo giorno… Per sempre… Amore…

LAILAH      Amore… Per sempre…

Suonai poche note lunghe di flauto. Lo spettacolo era finito. Lasciai le figurine ferme per un’ultima immagine scenica. Mi spostai su un lato del lenzuolo e scrutai oltre, nell’oscurità della stanza. Zephir si era addormentato. Amida guardava ancora a occhi spalancati le silenziose ombre immobili sul telo bianco.

Su Mi siete mancati di Marco Bottoni

di Vincenzo D'Alessio


Mi siete mancati è un titolo provocatorio; un gesto d’amore bellissimo per un mondo ed una società scomparsi quasi del tutto. Un romanzo avvincente, mordace, che ti trattiene pagina dopo pagina per conoscere i personaggi che animano la piccola comunità che altro non è se non il risvolto della società che viviamo e che vivrà anche dopo di noi. BOTTONI è un autore agguerrito, con un linguaggio fresco che attrae anche il lettore poco preparato alla letteratura corrente.
Le pagine scorrono senza intoppi, senza sofferenze, come un bel bicchiere di lambrusco: frizzante al punto giusto. I personaggi hanno trovato l’autore e lo sostengono lungo l’itinerario del viaggio: sono uomini e donne comuni, le stesse che troveremo accanto alla porta di casa. L’unica novità è il tirare fuori i loro difetti, le loro mancanze, la parte di vita che li rende idonei ad essere unici.
Mi piace il modo di proporli all’attenzione del lettore: descrizione semplice del loro modo di vita, delle abitudini, ma nulla che entri a dettagliare particolari troppo asciutti che lo stancherebbero: “Un mondo ricco e variegato, fatto di ambienti, di storie, di caratteri, in una parola di personaggi che lei ha dimostrato di conoscere benissimo” (pag. 239).
Mi sono piaciuti i personaggi come Aldo Scettico, morto tristemente per essere scettico. Cìo il calzolaio, con la sua filosofia contro la violenza e la fortuna dalla sua parte. Il prete di paese, don Crispino, con il suo confessionale che rivelava le proprie mancanze. Ostico Spotico, che di Kant aveva scelto la precisione ma non l’armonia con il Creato. Insomma un bell’insieme di personaggi che passano a farti sorridere e a ricordarci che in definitiva l’esistenza merita di essere vissuta, sì!, ma senza sgarbi.
Su tutti vigila “Nemo” (Nemesis) che ha condotto per mano, come in un sogno, Marco BOTTONI nell’incontro con il mondo della sua infanzia che è il ritorno alla vita vera, quella che del sogno prende la parte più buona.
 
Gennaio, 2010


Astamblàm

di Armando Conti




            Astamblàm
            femini cutàn
            Gali gali gan
            Sticche stuc
            Maringut

Chi non l’ha mai sentita, alzi la mano (nella platea ideale, nessuna mano si alza). Allora, alzi la mano chi non l’ha mai recitata (qui qualcuno esita, fa per alzare la mano ma si guarda intorno furtivo e decide di tenerla giù). Bene, di cosa si tratta? Brusìo e sorrisi. è evidente, tutti lo sanno che è una “conta” e forse qualcuno – magari proprio uno di quelli che prima avevano esitato – si rivede ancora nel cerchio, proprio nell’attimo in cui la terzultima o la penultima sillaba è passata: stavolta la sorte l’ha favorito, toccherà a un altro “stare sotto” (che poi spesso sia chi guida la conta a decidere in vece della sorte, e faccia in modo che l’ultima sillaba cada sul predestinato, alcuni lo ignoravano e gli altri facevano finta di ignorarlo; anche questa, in fondo, è una regola del gioco).
Insomma, una di quelle cose che rimangono nella memoria. Un breve “giro” nella Rete lo conferma: uno si lamenta di essersi dimenticato “L’infinito” di Leopardi ma di ricordare benissimo questa filastrocca; un’altra si è sempre chiesta se i versi della conta significhino qualcosa e arriva a promettere una cena a chi saprà tradurglieli. Sempre la Rete testimonia della sua diffusione, almeno nel Nord Italia (ma solo nel Nord?), e dà notizia di una parente francese molto stretta (una sorella, direi) che, in una delle sue varianti, recita: Am stram gram/
 Pique et pique et colagram
/ Bourre et bourre et rataplam/
 Am stram gram
/ Pique dame.
La curiosità è ovvia: quanto è vecchia Astamblàm? è un nonsense o significa qualcosa? Wikipédia francese ne propone due interpretazioni: la deformazione fonetica di un’antica conta tedesca con primo verso enumerativo (Ein, zwei, drei…), oppure la persistenza di un incantesimo sciamanico di origine nordica, utilizzato dai Franchi nelle veglie funebri. Sarà, ma a questo punto mi sembra giusto proporre anche l’interpretazione che ne ha dato alcuni anni fa il Maestro Giorgio Branchi, musicista ed etnomusicologo di Parma. Gliel’ho chiesto, mi ha fatto cercare un vecchio quaderno, ho letto i suoi appunti e infine ne abbiamo discusso assieme.
Nonsense o deformazione fonetica? Nel primo caso, cercare di capirci qualcosa sarebbe solo una perdita di tempo, ma se fosse una deformazione fonetica, da quale lingua? La chiave linguistica viene da due osservazioni: le parole tronche della filastrocca e l’esistenza della conta quasi–gemella d’oltralpe: quindi pazienza, intuito e un vocabolario di francese. Astamblàm – Asta m blam – Ast am blam – Hastes en blanc, cioè “Lance (picche) in bianco”, ove bianco sta per splendente, brillante, scintillante, dal tedesco blinken da cui anche l’espressione “arma bianca”; quindi Hastes en blanc = Lance sfoderate. Femini cutàn – femi ni cutan – femme ni coûtentes, e così via:

Astamblàm  Hastes en blanc,  Aste sfoderate,
femini cutàn  femmes ni coûtentes!  Femmine gratis!
Gali gali gan  Galli, galli, gà,  Cavalca, cavalca,
Sticche stuc  […] stik et stud  […] canna e monta
Maringut  m’arén: goût  cedo: godo!

Ahi, ahi! Si tratta di un testo osceno. E questa constatazione ci porta già in una dimensione originaria distante dal mondo infantile: l’infanzia ha il gusto della parolaccia, del volgare, del parlar basso, della scatologia, mai dell’osceno. L’ambiente è chiaramente militare, l’epoca è quella in cui circolavano nel Nord Italia truppe francofone e in cui poteva avere ancora un significato corrente l’epressione “in bianco” per indicare la lama sguainata (il ‘500?).
Era un canto delle truppe? No, mi risponde Giorgio, anche se gli esempi di canzoni militari oscene straniere deformate in filastrocca non mancano (mi cita come esempio una “Libelole” cantata fino a pochi decenni fa dai bambini di un asilo della provincia, derivata da una molto esplicita “Liebe Lole” di origine svizzera), l’Astamblàm non poteva essere proprio un canto: manca di una melodia precisa ed è giocato solo su due tonalità. Sembra più il grido di un imbonitore. Dato l’ambiente, perché non pensare al grido del ruffiano al seguito dell’esercito, per publicizzare la propria “merce”?
E poi? Poi può essere diventata una “conta”. Non stupisce: la “conta” serve nell’ambiente militare quanto in quello dei giochi infantili. C’è sempre da scegliere qualcuno per una corvé sgradevole o una missione rischiosa, e in quest’ultimo caso l’osceno ha spesso una funzione apotropaica. Da qui a passare al mondo infantile ci vuole poco: insegnata magari per scherzo, deformata foneticamente dai bambini italiani oppure appositamente mascherata, come può far pensare l’esistenza delle versioni francesi, di interpretazione analoga:

Am stram gram            Haste en grand,            Lancia in resta,
Pique et pique et colagram            pique pic et col grand!            picchio pungente e collo
                                    [grande!
Bourre et bourre et rataplam            Bourre, bourre, rate et pâm!            Botte, botte, manca il            
                                    [bersaglio e va in estasi!
Am stram gram            Haste en grand,            Lancia in resta,
Pique dame            pique dame!            infilza la dama!

Poi, il passa–parola attraverso i secoli, ha fatto il resto.
L’interpretazione sembra plausibile e, a quanto ne sappiamo, è originale e mai pubblicata. Cena meritata?

News da Bluarte e Via Cialdini

Su Via Cialdini: Luongo, Brunetta vede lontano
www.viacialdini.it/brunetta-vede-lontano

Su Via Cialdini: D’Alessio, Il peso della morale
www.viacialdini.it/il-peso-della-morale 


Su Via Cialdini: Gelormini: Bersani segretario a distanza
www.viacialdini.it/bersani-segretario-a-distanza
 

Su Bluarte Mostra personale di Giovanni Greco:  “Seduzioni metafisiche”
www.bluarte.it/Content/1485/greco__seduzioni_metafisiche.aspx


Cordialmente
 La Redazione
www.bluarte.it

Bluarte  rivista on line Arte Cultura Informazione
Registrata al Tribunale di Trento nr. 1379 del 17.02.2009

mercoledì 6 gennaio 2010

PREMIO In viaggio nelle parole / Viaggio nell’anima 30-6-2010

Associazione Storico-Archeologica-Culturale
“V. Ostermann”
Piazza del Municipio, 5 – 33013 Gemona del Friuli (UD)
e-mail: associazione_sac@yahoo.it
sito internet: www.sacostermann.org
PREMIO DI NARRATIVA
"In viaggio nelle parole / Viaggio nell’anima”
REGOLAMENTO
Articolo 1
L’associazione SAC OSTERMANN bandisce il terzo concorso di narrativa aperto a tutti gli autori italiani e
stranieri che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età alla data della scadenza del concorso.
Si partecipa con un racconto scritto in lingua italiana per adulti, o in qualsiasi lingua ufficiale o minoritaria
parlata nel mondo purché accompagnata da una traduzione in lingua italiana allegata.
Articolo 2
Il tema proposto è ”In viaggio nelle parole”- Viaggio nell’anima, emozioni, sensazioni, colori e parole.
Articolo 3
La quota di partecipazione, da intendersi come contributo alle spese di segreteria del concorso è fissata in
Euro 10 (dieci) da versare sul conto corrente bancario IBAN: IT 35 X 05484 63880 039570420829 Intestato
a Associazione Storica-Archeologica-Culturale “V. Ostermann” di Gemona del Friuli specificando nella
causale ”Partecipazione al premio letterario: In viaggio nelle parole / Viaggio nell’anima”.
Articolo 4
Le opere di genere narrativo dovranno essere originali, inedite, e non dovranno superare le tre cartelle
dattiloscritte con interlinea singola con carattere Times New Roman corpo 12 o similare.
Articolo 5
Ogni concorrente invierà sette copie cartacee (unendo anche floppy disk o altro supporto leggibile nel
formato Microsoft Word, o Open Office) contrassegnate esclusivamente dal titolo del racconto, in busta
chiusa, e non dovranno riportare il nominativo dell’autore le cui generalità (cognome, nome, data e luogo di
nascita, indirizzo, telefono, e-mail) unitamente ad una dichiarazione attestante che “L’opera, inedita e
originale, è frutto della mia personale creatività artistica”, dovranno essere riportate in un foglio a parte, da
includere nel plico contenente il lavoro. Perciò nel plico ci sarà il lavoro in busta chiusa e in altra busta
chiusa le generalità, la dichiarazione e la ricevuta dell’avvenuto pagamento della quota d’iscrizione.
La mancanza di anche uno solo dei requisiti richiesti determinerà l’esclusione del concorso.
Non si accettano opere firmate con pseudonimo o “nome d’arte” ma soltanto con nome e cognome
anagrafici.
I partecipanti devono spedire le proprie opere per posta entro e non oltre mercoledì 30 giugno 2010. (fa fede
il timbro postale).
Indirizzo:
ASSOCIAZIONE SAC OSTERMANN
PIAZZA MUNICIPIO 5
33013 GEMONA DEL FRIULI (UD)
sito associazione: www.sacostermann.org
mail per il concorso: inviaggionelleparole@lisflamis.com
Articolo 6
Le opere saranno valutate a giudizio insindacabile e inappellabile da una giuria appositamente predisposta e
formata da persone qualificate. Il verbale della commissione giudicante sarà pubblicato nel sito
dell’Associazione.
Articolo 7
Per i primi tre classificati sono previsti:
al primo classificato - Euro 400,00
al secondo classificato - Euro 300,00
al terzo classificato - Euro 200,00
Articolo 8
Le opere vincitrici e quelle selezionate dalla giuria verranno pubblicate in un volume antologico. Gli
organizzatori si riservano la facoltà di fare illustrare e/o pubblicare una o più opere.
Articolo 9
La cerimonia di premiazione si terrà sabato 6 novembre 2010 nella sala del Consiglio comunale di Gemona
del Friuli.
I partecipanti al concorso sono sin d’ora invitati alla cerimonia di premiazione. La partecipazione alla stessa
non comporterà oneri di alcun genere per gli organizzatori.
Articolo 10
Informativa sulla privacy. In relazione agli articoli 13 e 23 del d.lg. n. 196/2003, i dati personali ed
identificativi saranno utilizzati esclusivamente ai fini inerenti il concorso e non verranno comunicati o diffusi
a terzi.
Articolo 11
La partecipazione al concorso, che non ha alcuno scopo di lucro, implica l'accettazione di tutte le clausole del
presente regolamento.
Articolo 12
Gli originali non saranno restituiti. Gli autori concedono agli organizzatori a titolo gratuito la pubblicazione
dei testi o parti di essi su giornali, riviste o Internet con citazione dell’autore.
Il logo del concorso è stato donato dall'artista Elio Terreni di Goito.

martedì 5 gennaio 2010

Premio “Vivarium” - 2ª Edizione

Poesia, saggistica e narrativa
L’Associazione culturale “Accademia dei Bronzi”, in collaborazione con le
Edizioni Ursini di Catanzaro e Radio Squillace, promuove e organizza la 2ª
Edizione del Premio
“Vivarium”
così regolamentato:
a) Sezione A (Poesia in lingua);
b) Sezione B (Saggistica e Narrativa).
Alla sezione A, dedicata a S.S. Giovanni Paolo II, si partecipa inviando tre
poesie inedite in lingua italiana, contenute nei 35 versi, di cui almeno una a
tema religioso o ispirata ad argomenti di carattere sociale.
Alla sezione B, dedicata a Flavio Magno Aurelio Cassiodoro (Squillace, 490
circa – Monastero di Vivarium 583 circa), si partecipa con un saggio inedito
di argomento religioso, storico o sociale, oppure con un testo inedito di narrativa
(romanzo o racconti). I lavori non dovranno superare le 200 cartelle
formato A4 con carattere corpo 14.
Gli elaborati dovranno essere spediti in duplice copia, con firma ed indirizzo
in calce, entro il 31.3.2010, unitamente alla scheda di partecipazione che
potrà essere scaricata dal sito www.ursiniedizioni.it o richiesta via fax al
n. 0961.782980.
Per la sezione B, alle due copie cartacee è indispensabile allegare anche il
supporto magnetico del testo (cd oppure dvd).
L’invio degli elaborati dovrà avvenire solo con posta prioritaria, intestando
il plico a “Nuova Accademia dei Bronzi”, Via Sicilia 26 – 88100 Catanzaro.
Non saranno, pertanto, accettati plichi spediti con mezzi diversi (raccomandata
o corriere) né consegnati a mano.
Alla scheda di partecipazione è consigliabile, ma non necessario, aggiungere
un breve curriculum letterario.
Non si accettano invii per posta elettronica.
La mail premiovivarium@gmail.com potrà essere utilizzata solo per chiedere
eventuali chiarimenti o per avere conferma dell’arrivo degli elaborati.
La commissione esaminatrice, i cui nomi saranno resi noti successivamente,
sarà composta da noti professori di Istituti Teologici, giornalisti e poeti.
L’esito sarà definitivo e inappellabile.

domenica 3 gennaio 2010

Su “Io, Lei e la Romagna” di Guido Passini

recensione di Carla De Angelis




Circa un anno fa la lettura di Senza fiato raccolta antologica di poesie curata da  Guido Passini mi lasciò un segno indelebile. Non conoscevo la malattia e una grande voglia di sfida e di irritazione mi prese contro la sorte che supera ogni immaginazione e sembra mettercela tutta per farci scontare l’essere nati, ma Guido Passini in quel suo libro e ancor di più in  Io, lei e la Romagna ribaltata le parti. È lui  che sfida la sorte e regala nuova vita a sé stesso e a chi  ha la fortuna di leggerlo/conoscerlo: "Sono stanco di te./ Osservo ali d’argento”. Non si risparmia e condivide qualsiasi altra problematica.  Chi incontra il suo sguardo non può non sorridere.
La sua condizione diventa una sorta di rivelazione. Le immagini che il poeta ci fa vedere con i suoi versi e la musica che ci fa sentire con i suoi sentimenti svelano aspetti presenti nella realtà, ma spesso ignorati o trascurati perché nascosti dalla superficialità cui ci obbliga il ritmo della vita quotidiana.
Interessante ed emotivamente perfetta la divisione nelle tre sezioni. Percorriamo a fianco del poeta il suo, il nostro viaggio. Il respiro si fa sempre più forte in sintonia con i battiti del cuore  nel leggere: “Devo stringere i pugni/ e non permettere/ che l’anima si involi/ in un viaggio/ che sa di vuoto, di freddo”. L’amore per Cristina, la sua compagna, è il motore della sua vita: “sono un libro aperto (ai tuoi occhi)/ mi sfogli giorno dopo giorno/ e ancora non ti arrendi/ al mio frastuono.”
L’amore è la risposta al dolore.
Guido Passini non scrive poesie perché si trova nella condizione di malato di f.c., Guido scrive perché è nato poeta.

Roma 3 gennaio 2010